lora
Maestro Giardinauta
LE MARGHERITE, STELLE DELLA TERRA
Fu in una notte come tutte le altre, ma antica di molti milioni di anni, che le stelle sparirono dalla terra, per raggiungere il cielo.
Perché, come narrano storie così vecchie che si è perso il ricordo di chi le narrava, c'è stato un tempo in cui le stelle vivevano sulla terra.
Erano creature timide ed aggraziate, che vivevano a gruppi, sparse un po' dovunque, tenendosi ben nascoste agli occhi degli esseri umani. In quei tempi lontani, gli uomini avevano appena cominciato a popolare il pianeta, ed erano in pochi, e tuttavia a volte sufficienti per rompere i delicati equilibri che univano gli esseri viventi di tutto il creato.
Si racconta che un gruppo di stelle avesse trovato rifugio proprio qui, nella valle del Sesia, perché qui c'era tutto quello che esse amavano: grandi montagne ricoperte di foreste e rapidi torrenti ed un fiume generoso a raccoglierli, dalle fresche veloci acque azzurre, glaciali di neve in primavera, allo sciogliersi dei vicini ghiacciai, rombante di acque scure di minacce antiche quanto il tempo nei periodi delle lunghe piogge, luccicante d'oro al sole d'estate, sempre comunque in corsa più in basso, verso un altro placido fiume che scorre tra rive ridenti, pronto a ricevere il fratello più inquieto.
Nelle foreste più profonde, lontane dalle abitazioni degli uomini, le stelle spingevano nei torrenti rumorosi e limpidissimi gli alberi abbattuti nelle notti di tempesta dai fulmini loro amici, e poi liberati dai rami più ingombranti dai volenterosi castori, gli animaletti dei boschi coi quali le stelle amavano giocare. Alle stelle piaceva montare a cavalcioni di quelle imbarcazioni improvvisate, e poi lasciarsi trascinare dai tronchi che veloci le trasportavano a valle, mentre esse ridevano divertite per i grandi balzi lungo i rapidi torrenti bianchi di spuma.
Cantavano poi dolcemente quando arrivavano al placido fiume che correva fuori dai monti, ed esse correvano con lui, sui comodi tronchi che ancora odoravano delle foreste lontane, accompagnate dal volo solenne degli aironi e dal chiacchierio delle famiglie dei dignitosi cormorani, incontrati lungo il cammino, e poi ancora più lontano, fino ad un altro fiume ancora più grande, dove l'impatto coi gabbiani bianchi, ubriachi di onde e di vento, annunciava la vicinanza del mare.
Le stelle indossavano abiti di nuvole, e decorazioni scintillanti fatte dei denti affilati dei cinghiali che popolavano numerosi le foreste che coprivano le cime delle montagne, e di altrettanto scintillanti conchiglie, che il mare, ritraendosi dopo le tempeste, lasciava loro in dono lungo le rive.
Avevano lunghi capelli leggeri di un bianco dorato, che rifulgevano al sole quando il vento si divertiva a giocare con quei fili sottili, e ridenti, luminosi occhi pronti al sorriso.
Tutto quel fulgore di ornamenti e di bellissime chiome pulsava ritmico all'unisono, quando le stelle cantavano le loro canzoni, scivolando lungo il fiume.
Era un'incredibile spettacolo di luce, di bellezza e di gioia, carico di musica struggente.
E fu proprio dalla valle del Sesia che esse sparirono.
Accadde così, in una notte che sapeva di magia. IL cielo tutto blu era fermo e compatto, come in attesa. Sarebbe stata buia la notte, perché in quei tempi prima del tempo, nemmeno la luna illuminava il cielo, ma la luce era data da tutto quello splendore di stelle, che scendevano placide cantando lungo il grande fiume.
Un viandante che si era perso nella foresta vide quella luce scintillante, e sentì la dolce musica misteriosa. Divorato dalla curiosità, si avvicinò alla fonte della sua meraviglia e spiò, nascosto tra i rami degli alberi che crescevano lungo la riva.
Lo spettacolo era di tale bellezza che l'uomo rimase quasi accecato dalla magnificenza di quanto scorreva sul fiume.
Con l'avidità che è propria della sua razza, o forse soltanto per la gioia di tenerlo tra le mani, l'uomo d'impulso uscì dal suo nascondiglio e si precipitò verso tutto quello splendore, arrivando a sfiorare una delle imbarcazioni improvvisate, che però gli scivolò tra le dita.
Terrorizzate, le fragili stelle fuggirono, chiamarono a raccolta le loro sorelle sparse per tutta la terra e si rifugiarono nel cielo, per non tornare mai più.
IL loro scintillio glorioso è tuttora visibile dal nostro pianeta, ma gli uomini hanno perso per sempre il fascino struggente della loro musica.
Lasciarono però, gentili com'erano, qualcosa al loro posto : le innumerevoli, graziose piccole margherite (dette anche pratoline) che a primavera ricoprono i prati a migliaia, rimaste a ricordare le stelle con il loro cuore colore di sole.
Anche se è a primavera che esse cominciano a fiorire, è all'inizio dell'estate che ricoprono i prati con il loro candido e dorato splendore, tanto che un antico proverbio inglese recita: "Quando puoi posare il piede su sette margherite, allora è davvero arrivata l'estate".
Curiosamente, il nome inglese delle margherite è "Daisy" e forse risale, senza saperlo, all' antichissima storia che vi ho raccontato: perché Daisy sta per "the day's eye" - "l'occhio del giorno" e infatti questi fiorellini si aprono alle prime luci e ripiegano i loro petali quando il sole tramonta, come se andassero a dormire. Si dice che taluna, approfittando del buio, se ne voli a popolare il cielo, e che qualche altra, malata di nostalgia, approfittando delle stesse tenebre, torni ogni tanto a profumare la terra.
Fu in una notte come tutte le altre, ma antica di molti milioni di anni, che le stelle sparirono dalla terra, per raggiungere il cielo.
Perché, come narrano storie così vecchie che si è perso il ricordo di chi le narrava, c'è stato un tempo in cui le stelle vivevano sulla terra.
Erano creature timide ed aggraziate, che vivevano a gruppi, sparse un po' dovunque, tenendosi ben nascoste agli occhi degli esseri umani. In quei tempi lontani, gli uomini avevano appena cominciato a popolare il pianeta, ed erano in pochi, e tuttavia a volte sufficienti per rompere i delicati equilibri che univano gli esseri viventi di tutto il creato.
Si racconta che un gruppo di stelle avesse trovato rifugio proprio qui, nella valle del Sesia, perché qui c'era tutto quello che esse amavano: grandi montagne ricoperte di foreste e rapidi torrenti ed un fiume generoso a raccoglierli, dalle fresche veloci acque azzurre, glaciali di neve in primavera, allo sciogliersi dei vicini ghiacciai, rombante di acque scure di minacce antiche quanto il tempo nei periodi delle lunghe piogge, luccicante d'oro al sole d'estate, sempre comunque in corsa più in basso, verso un altro placido fiume che scorre tra rive ridenti, pronto a ricevere il fratello più inquieto.
Nelle foreste più profonde, lontane dalle abitazioni degli uomini, le stelle spingevano nei torrenti rumorosi e limpidissimi gli alberi abbattuti nelle notti di tempesta dai fulmini loro amici, e poi liberati dai rami più ingombranti dai volenterosi castori, gli animaletti dei boschi coi quali le stelle amavano giocare. Alle stelle piaceva montare a cavalcioni di quelle imbarcazioni improvvisate, e poi lasciarsi trascinare dai tronchi che veloci le trasportavano a valle, mentre esse ridevano divertite per i grandi balzi lungo i rapidi torrenti bianchi di spuma.
Cantavano poi dolcemente quando arrivavano al placido fiume che correva fuori dai monti, ed esse correvano con lui, sui comodi tronchi che ancora odoravano delle foreste lontane, accompagnate dal volo solenne degli aironi e dal chiacchierio delle famiglie dei dignitosi cormorani, incontrati lungo il cammino, e poi ancora più lontano, fino ad un altro fiume ancora più grande, dove l'impatto coi gabbiani bianchi, ubriachi di onde e di vento, annunciava la vicinanza del mare.
Le stelle indossavano abiti di nuvole, e decorazioni scintillanti fatte dei denti affilati dei cinghiali che popolavano numerosi le foreste che coprivano le cime delle montagne, e di altrettanto scintillanti conchiglie, che il mare, ritraendosi dopo le tempeste, lasciava loro in dono lungo le rive.
Avevano lunghi capelli leggeri di un bianco dorato, che rifulgevano al sole quando il vento si divertiva a giocare con quei fili sottili, e ridenti, luminosi occhi pronti al sorriso.
Tutto quel fulgore di ornamenti e di bellissime chiome pulsava ritmico all'unisono, quando le stelle cantavano le loro canzoni, scivolando lungo il fiume.
Era un'incredibile spettacolo di luce, di bellezza e di gioia, carico di musica struggente.
E fu proprio dalla valle del Sesia che esse sparirono.
Accadde così, in una notte che sapeva di magia. IL cielo tutto blu era fermo e compatto, come in attesa. Sarebbe stata buia la notte, perché in quei tempi prima del tempo, nemmeno la luna illuminava il cielo, ma la luce era data da tutto quello splendore di stelle, che scendevano placide cantando lungo il grande fiume.
Un viandante che si era perso nella foresta vide quella luce scintillante, e sentì la dolce musica misteriosa. Divorato dalla curiosità, si avvicinò alla fonte della sua meraviglia e spiò, nascosto tra i rami degli alberi che crescevano lungo la riva.
Lo spettacolo era di tale bellezza che l'uomo rimase quasi accecato dalla magnificenza di quanto scorreva sul fiume.
Con l'avidità che è propria della sua razza, o forse soltanto per la gioia di tenerlo tra le mani, l'uomo d'impulso uscì dal suo nascondiglio e si precipitò verso tutto quello splendore, arrivando a sfiorare una delle imbarcazioni improvvisate, che però gli scivolò tra le dita.
Terrorizzate, le fragili stelle fuggirono, chiamarono a raccolta le loro sorelle sparse per tutta la terra e si rifugiarono nel cielo, per non tornare mai più.
IL loro scintillio glorioso è tuttora visibile dal nostro pianeta, ma gli uomini hanno perso per sempre il fascino struggente della loro musica.
Lasciarono però, gentili com'erano, qualcosa al loro posto : le innumerevoli, graziose piccole margherite (dette anche pratoline) che a primavera ricoprono i prati a migliaia, rimaste a ricordare le stelle con il loro cuore colore di sole.
Anche se è a primavera che esse cominciano a fiorire, è all'inizio dell'estate che ricoprono i prati con il loro candido e dorato splendore, tanto che un antico proverbio inglese recita: "Quando puoi posare il piede su sette margherite, allora è davvero arrivata l'estate".
Curiosamente, il nome inglese delle margherite è "Daisy" e forse risale, senza saperlo, all' antichissima storia che vi ho raccontato: perché Daisy sta per "the day's eye" - "l'occhio del giorno" e infatti questi fiorellini si aprono alle prime luci e ripiegano i loro petali quando il sole tramonta, come se andassero a dormire. Si dice che taluna, approfittando del buio, se ne voli a popolare il cielo, e che qualche altra, malata di nostalgia, approfittando delle stesse tenebre, torni ogni tanto a profumare la terra.