Carissimi amiche ed amici,
dopo una lunga pausa di riflessione in cui la vostra aspirante giardinauta si è dedicata allo svolgimento di noiose pratiche burocratiche in vista della tesi, rieccomi a voi con le nuove avventure. Di giardinaggio? Noooo…e chi ne ha avuto il tempo? Vi voglio raccontare le mie ultime avventure, sperando comunque di farvi sorridere.
Allora: venerdì all’ora di pranzo ho fatto un giro dal mio relatore. Emerito nonché chiarissimo prof. Pinco Palla – originario di quel di Londra - che ha il suo ufficio al quarto piano della facoltà di lingue. La facoltà è vecchiotta, i soffitti sono ali, quindi, quattro piani corrispondono praticamente a sei. Di ascensore, neanche a parlarne . Guardo sconsolata le rampe di scale ripide che mi sorridono beffarde e, cercando di dimenticare la sigaretta appena fumata:smok: , mi inerpico fino al suo studio, sentendomi tanto come Messner alla conquista del K2. Dopo questo spinning forzato mi abbatto letteralmente davanti alla sua porta; fa un caldo maledetto. E per di più, ho il terrore che il deodorante mi abbandoni sul più bello. Busso. Il professore mi apre, è al cellulare, ma mi fa cenno di entrare e di sedermi. E lì ha luogo la scena più imbarazzante che possa accadere fra docente ed allievo: il prof sta sproloquiando in inglese al telefono; stavolta dal caldo, dalla tensione e dai quattro piani di scale a piedi, capisco solo “bathroom” e “water-closet”. Bah, forse ho capito male. No. Non ho capito male. Il prof riattacca il telefono e con l’aria più serena di questo mondo mi comunica che “pur andando bene di corpo, ho water intasato. Tu no conosce qualcuno bravo bravo per sturacchiolarlo?”. Ossignur . Con un sorriso stiracchiato gli allungo il numero di telefono del mio idraulico, pregando mentalmente che se mai il prof lo chiamasse, non faccia il mio nome…dopo questa digressione escatologica, il mister mi allunga un plico in busta chiusa, tessendo le lodi della mia tesi (evviva), salvo poi esclamare “La tua tesi su Robin Hood è bellissima!”. “No, guardi, la mia veramente è sul Fantasma di Canterville di Wilde :squint: ”. “Ahhhhhh già. Meravigliosa, meravigliosa anche quella! Ma secondo te, i fantasmi esistono veramente?”. E che cavolo ne so, mi scusi, la mia tesi ha avuto l’obiettivo di “avvicinare i bambini di una classe IV alla lettura in lingua inglese tramite una storia nota e gradita”, come testualmente riportato a pagina 5 dell’introduzione, terzo paragrafo. Chissà se me l’ha letta. Con questo dubbio amletico mi catapulto fuori dalla facoltà, prendo un autobus colmo di festosi ragazzini delle medie urlanti che stanno andando in Sala Borsa (per i non-bolognesi: è una biblioteca cittadina in cui si svolgono attività di lettura rivolte anche ai più piccoli), maledicendo la categoria delle insegnanti (ahimè…me inclusa) che decide di stipare tre – dico – tre classi di ragazzini su un pullman di linea proprio nell’ora di punta. Nuotando letteralmente nel mare di zainetti, riesco ad arrivare alla porta dell’autobus e cerco di scendere. Dico “cerco di scendere” perché, non essendo io molto alta, ed essendo invece i ragazzini di oggi supersviluppati e quindi altissimi (ma che cavolo avranno mangiato da neonati?:confuso: ) vengo placcata da una zelante insegnante che mi intima “Ma tu dove vai?”. No, guardi, mi scusi, ho finito le medie vent’anni fa; d’accordo, sono alta un metro ed una mela, e da dietro sembro una ragazzina (della serie: “dietro liceo, davanti museo!!), ma da qui a scambiarmi per una dodicenne…comunque grazie! Vuol dire che non dimostro le mie trentadue primavere suonate! Imbarazzatissima l’insegnante si scusa, suscitando una marea di sghignazzate da parte degli allievi. Giungo finalmente davanti alla segreteria. Caccio dentro un’occhio. Vabbè, cinque persone. Entro, prendo il mio bigliettino e mi accomodo su una meravigliosa panca di legno, comoda come un paio di scarpe strette. Arriva il mio turno. La tipa della segreteria, svampatissima, ad un certo punto mi fa “no, guarda, non risulti iscritta”. “Come, non risulto iscritta?” “noooo. Qui non risulti iscritta”. Panico totale:azz: . Eppure le tasse le ho pagate tutte. Ormai ho anche scritto tutta la tesi. E soprattutto, mi sono fatta un paiolo così con gli esami. Mi sento un sudore glaciale che mi cola tra le spalle, con buona pace del mio deodorante, che ormai sta tirando gli ultimi. Ad un certo punto l’illuminazione. “Scusi, ma ha guardato se esiste una certa Elsa M. G.?” “Ah, sì, eccoti qui”. Morale della favola: nonostante il cognome e la matricola corrispondessero, non avevo dato alla segretaria il mio secondo nome e qella stordita praticamente non mi ha riconosciutacat: . Sbrigo le mie pratiche con le gambe che mi tremano a seguito dello spavento preso, maledicendo bonariamente mia madre, fissata con i secondi nomi perché “fa fine”. Raccatto le mie scartoffie e vado dalla mia correlatrice. Mentre aspetto il mio turno,scruto con occhio critico il mio riflesso in una vetrata. Sembro la pessima controfigura di Tomb Rider:squint: . A parte le “curve”, che nel mio caso praticamente non esistono, mi chiedo come diavolo abbia fatto Angelina Jolie a mettere fuori combattimento un sacco di cattivi, trovare il tesoro e salvare il mondo mantenendo un trucco ed una pettinatura impeccabili: il mio fondotinta è ormai colato da tutte le parti, il rimmel non esiste più, ha preferito allargarsi a macchia d’olio attorno ai miei occhi, dandomi un’aria vampiresca; il filo di burrocacao leggermente rosato è sparito. Non vi dico i capelli. Già sono liscissimi e sottilissimi, quindi un casino da tenere in ordine, a meno che li soffochi di lacca; ora, dopo la “mattinata in corsa” che ho avuto, pendono flosci, tristanzuoli ed appiccicati da tutte le parti. Finalmente la correlatrice mi riceve. Alta. Segaligna. Sorriso cavallino perennemente stampato in faccia. Magra come un chiodo. Ex-figlia dei fiori, si presenta con dei gonnelloni esagerati e dei sandaletti con le dita di fuori che mi danno l’idea di essere gran comodi, e soprattutto gran freschi. Preparatissima su tutto ciò che riguarda la scuola. Le allungo il plico consegnato dal relatore, mi stampo anch’io un sorriso cavallino come il suo e finalmente esco dalla facoltà. Allungo l’occhio su un cespuglio di roselline rosso fuoco presenti nel giardino dell’università. Da un po’ che le sto “covando”, chissà se, rubacchiando un rametto….e che diavolo! Dopo tutte queste corse ho proprio bisogno di un premio di consolazione! Alla Fantozzi, mi avvicino all’aiuola, allungo una manina, rubacchio un rametto, lo infilo in borsa e, con l’aria di “io non ho fatto niente” mi avvio verso la fermata dell’autobus:ciglione: . Ironia della sorte, ribecco la scolaresca dell’andata, con, in aggiunta, una marea di gente reduce dal mercato del venerdì . Incastrata fra uno zainetto (ad altezza della bocca dello stomaco) ed un carrellino della spesa (all’altezza delle ginocchia), trascorro così i venti minuti che mi separano dalla mia agognata casa.
Se penso che mercoledì ho il secondo round…
dopo una lunga pausa di riflessione in cui la vostra aspirante giardinauta si è dedicata allo svolgimento di noiose pratiche burocratiche in vista della tesi, rieccomi a voi con le nuove avventure. Di giardinaggio? Noooo…e chi ne ha avuto il tempo? Vi voglio raccontare le mie ultime avventure, sperando comunque di farvi sorridere.
Allora: venerdì all’ora di pranzo ho fatto un giro dal mio relatore. Emerito nonché chiarissimo prof. Pinco Palla – originario di quel di Londra - che ha il suo ufficio al quarto piano della facoltà di lingue. La facoltà è vecchiotta, i soffitti sono ali, quindi, quattro piani corrispondono praticamente a sei. Di ascensore, neanche a parlarne . Guardo sconsolata le rampe di scale ripide che mi sorridono beffarde e, cercando di dimenticare la sigaretta appena fumata:smok: , mi inerpico fino al suo studio, sentendomi tanto come Messner alla conquista del K2. Dopo questo spinning forzato mi abbatto letteralmente davanti alla sua porta; fa un caldo maledetto. E per di più, ho il terrore che il deodorante mi abbandoni sul più bello. Busso. Il professore mi apre, è al cellulare, ma mi fa cenno di entrare e di sedermi. E lì ha luogo la scena più imbarazzante che possa accadere fra docente ed allievo: il prof sta sproloquiando in inglese al telefono; stavolta dal caldo, dalla tensione e dai quattro piani di scale a piedi, capisco solo “bathroom” e “water-closet”. Bah, forse ho capito male. No. Non ho capito male. Il prof riattacca il telefono e con l’aria più serena di questo mondo mi comunica che “pur andando bene di corpo, ho water intasato. Tu no conosce qualcuno bravo bravo per sturacchiolarlo?”. Ossignur . Con un sorriso stiracchiato gli allungo il numero di telefono del mio idraulico, pregando mentalmente che se mai il prof lo chiamasse, non faccia il mio nome…dopo questa digressione escatologica, il mister mi allunga un plico in busta chiusa, tessendo le lodi della mia tesi (evviva), salvo poi esclamare “La tua tesi su Robin Hood è bellissima!”. “No, guardi, la mia veramente è sul Fantasma di Canterville di Wilde :squint: ”. “Ahhhhhh già. Meravigliosa, meravigliosa anche quella! Ma secondo te, i fantasmi esistono veramente?”. E che cavolo ne so, mi scusi, la mia tesi ha avuto l’obiettivo di “avvicinare i bambini di una classe IV alla lettura in lingua inglese tramite una storia nota e gradita”, come testualmente riportato a pagina 5 dell’introduzione, terzo paragrafo. Chissà se me l’ha letta. Con questo dubbio amletico mi catapulto fuori dalla facoltà, prendo un autobus colmo di festosi ragazzini delle medie urlanti che stanno andando in Sala Borsa (per i non-bolognesi: è una biblioteca cittadina in cui si svolgono attività di lettura rivolte anche ai più piccoli), maledicendo la categoria delle insegnanti (ahimè…me inclusa) che decide di stipare tre – dico – tre classi di ragazzini su un pullman di linea proprio nell’ora di punta. Nuotando letteralmente nel mare di zainetti, riesco ad arrivare alla porta dell’autobus e cerco di scendere. Dico “cerco di scendere” perché, non essendo io molto alta, ed essendo invece i ragazzini di oggi supersviluppati e quindi altissimi (ma che cavolo avranno mangiato da neonati?:confuso: ) vengo placcata da una zelante insegnante che mi intima “Ma tu dove vai?”. No, guardi, mi scusi, ho finito le medie vent’anni fa; d’accordo, sono alta un metro ed una mela, e da dietro sembro una ragazzina (della serie: “dietro liceo, davanti museo!!), ma da qui a scambiarmi per una dodicenne…comunque grazie! Vuol dire che non dimostro le mie trentadue primavere suonate! Imbarazzatissima l’insegnante si scusa, suscitando una marea di sghignazzate da parte degli allievi. Giungo finalmente davanti alla segreteria. Caccio dentro un’occhio. Vabbè, cinque persone. Entro, prendo il mio bigliettino e mi accomodo su una meravigliosa panca di legno, comoda come un paio di scarpe strette. Arriva il mio turno. La tipa della segreteria, svampatissima, ad un certo punto mi fa “no, guarda, non risulti iscritta”. “Come, non risulto iscritta?” “noooo. Qui non risulti iscritta”. Panico totale:azz: . Eppure le tasse le ho pagate tutte. Ormai ho anche scritto tutta la tesi. E soprattutto, mi sono fatta un paiolo così con gli esami. Mi sento un sudore glaciale che mi cola tra le spalle, con buona pace del mio deodorante, che ormai sta tirando gli ultimi. Ad un certo punto l’illuminazione. “Scusi, ma ha guardato se esiste una certa Elsa M. G.?” “Ah, sì, eccoti qui”. Morale della favola: nonostante il cognome e la matricola corrispondessero, non avevo dato alla segretaria il mio secondo nome e qella stordita praticamente non mi ha riconosciutacat: . Sbrigo le mie pratiche con le gambe che mi tremano a seguito dello spavento preso, maledicendo bonariamente mia madre, fissata con i secondi nomi perché “fa fine”. Raccatto le mie scartoffie e vado dalla mia correlatrice. Mentre aspetto il mio turno,scruto con occhio critico il mio riflesso in una vetrata. Sembro la pessima controfigura di Tomb Rider:squint: . A parte le “curve”, che nel mio caso praticamente non esistono, mi chiedo come diavolo abbia fatto Angelina Jolie a mettere fuori combattimento un sacco di cattivi, trovare il tesoro e salvare il mondo mantenendo un trucco ed una pettinatura impeccabili: il mio fondotinta è ormai colato da tutte le parti, il rimmel non esiste più, ha preferito allargarsi a macchia d’olio attorno ai miei occhi, dandomi un’aria vampiresca; il filo di burrocacao leggermente rosato è sparito. Non vi dico i capelli. Già sono liscissimi e sottilissimi, quindi un casino da tenere in ordine, a meno che li soffochi di lacca; ora, dopo la “mattinata in corsa” che ho avuto, pendono flosci, tristanzuoli ed appiccicati da tutte le parti. Finalmente la correlatrice mi riceve. Alta. Segaligna. Sorriso cavallino perennemente stampato in faccia. Magra come un chiodo. Ex-figlia dei fiori, si presenta con dei gonnelloni esagerati e dei sandaletti con le dita di fuori che mi danno l’idea di essere gran comodi, e soprattutto gran freschi. Preparatissima su tutto ciò che riguarda la scuola. Le allungo il plico consegnato dal relatore, mi stampo anch’io un sorriso cavallino come il suo e finalmente esco dalla facoltà. Allungo l’occhio su un cespuglio di roselline rosso fuoco presenti nel giardino dell’università. Da un po’ che le sto “covando”, chissà se, rubacchiando un rametto….e che diavolo! Dopo tutte queste corse ho proprio bisogno di un premio di consolazione! Alla Fantozzi, mi avvicino all’aiuola, allungo una manina, rubacchio un rametto, lo infilo in borsa e, con l’aria di “io non ho fatto niente” mi avvio verso la fermata dell’autobus:ciglione: . Ironia della sorte, ribecco la scolaresca dell’andata, con, in aggiunta, una marea di gente reduce dal mercato del venerdì . Incastrata fra uno zainetto (ad altezza della bocca dello stomaco) ed un carrellino della spesa (all’altezza delle ginocchia), trascorro così i venti minuti che mi separano dalla mia agognata casa.
Se penso che mercoledì ho il secondo round…
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