Per Don Camillo:La domanda che si è fatto e che ti ha fatto il tuo compagno di cordata prima di morire,è la grande domanda che si fa l'essere umano quando sbatte il viso davanti al dolore,alla morte,specialmente quando ad essere colpite sono persone che,a nostro giudizio,e secondo il nostro concetto di giustizia, sono le ultime a meritarlo,o perchè sono persone buone,o perchè sono bambini e giovani (e ci pare contro natura che bambini e giovani possano conoscere prima del tempo dolore e morte)Anch'io mi sono sentita dire tante volte "perchè",e anch'io mi sono chiesta tante volte,e me lo chiedo ancora "perchè".La risposta a questa domanda o è multipla , e passa per una fede filosofica o religiosa,a seconda della vita interiore di ciascuno,o non esiste affatto,e in questo caso,quando non c'è risposta,al dolore della perdita si aggiunge l'angoscia e la rabbia.Le religioni,le filosofie,nascono con il fine di dare un senso al nostro esistere,cercndo di dare queste risposte e rendere il cammino dell'uomo meno doloroso,anche se non sempre ci riescono.
Circa il perdono,posso capire le perplessità di Billgates,sul mio pensiero.Lo dico e lo ripeto,quanto ho espresso prima è solo frutto di mia esperienza personale fatta dall'osservare e curare persone,da miei pensieri e mie convinzioni maturate nel corso del tempo,che possono essere condivisibili o meno.D'altro canto conosco tantissime persone che sono come lui,che sono molto esigenti con se' stesse,non si perdonano e,di conseguenza non perdonano gli altri.Perdonare non è un atto di debolezza e codardia morale,semmai puo' essere un modo di liberarsi.Anche riuscire a perdonarsi non è così scontato,e non è una forma di lassismo interiore perchè comunque implica l'arrivare a conoscere senza indulgenze i propri limiti,le proprie zone d'ombra,riconoscere che non si è dei superman,che non siamo perfetti,quasi divini,ma che siamo anche noi soggetti ad errore,e da lì poi ripartire per poter rimediare e fare meglio.Anch'io prima non mi perdonavo e vivevo male,perchè alla fine vedevo che comunque,malgrado la mia narcisistica convinzione di essere un essere perfetto se senza macchia,sbagliavo comunque,e mi paralizzavo nel senso della colpa,invece di fare qualcosa per correggere l'errore od attenuarlo.Non perdonarsi è un atto sterile.Il perdonare è un atto di coraggio.l'ho detto.Comunque perdonare non significa dimenticare,come mi disse un sacerdote una volta.E' vero,c'è gente che non vuole essere perdonata,ma quello è un affare solo di chi questo atto di generosità non lo vuole,è un inferno privato in cui vive tutto solo crogiolandosi nel proprio orgoglio e nella propria durezza,che non ha nessuna attinenza con chi perdona.Si puo' perdonare con un atto interiore che non necessariamente deve trapelare all'esterno,è una faccenda tra se' stessi e la propria coscienza.Tutto qui