xst84
Giardinauta Senior
I correntisti si inca22ano, ma anche le formiche non scherzano.
E una volta che si sono inca22ati?
xst parla di paradosso, grottesco e altre cose per un intervento di un economista su un tema economico al festival dell'economia.
Boh, io il grottesco non lo vedo.
Il grottesco non è nella realtà, ma è più in noi, nello sguardo, nel modo di fare, ed è più un dover essere, un condizionale (condizionale perchè condizionato dalla realtà, ma non appiattito su di essa).
L'economia intesa in senso pratico come insieme di fenomeni, in sè non arricchenti o depauperanti, ha a che fare coi consumi. Prendiamo un consumo qualunque, che qualcuno desidera soddisfare e nel soddisfarlo, impone a qualcun altro: "io voglio vedere il tg ". La migliore risposta-spiegazione che si può applicare ad essa è l'evangelica: Pace in terra agli uomini di buona volontà. E' ironica, ma fa capire: 1) il volontarismo di ogni consumo, contrario alla realtà, e direi quasi nemico di questa, e 2) questa assurda ed egoistica richiesta tramite il consumo, che è sempre un po' arbitrario (e per arbitrario intendo contrario a personale) di fronte a un grande vuoto, di un grande stare bene: col dove (terra) e col cosa e col come (pace). Il vuoto potrebbe essere fittizio, ma il benessere invocato e riscosso è reale, è un fatto e in quanto tale oggetto di scambio economico. Un bel contrasto in cui non si sa cosa genera cosa.
In realtà di qualcosa di contrastante, ma nel senso di due atteggiamenti contrastanti, che affermano e negano, per me c'è bisogno. La via di uscita dagli sbagli dalle crisi di astinenza dalle abbuffate e insomma dalle aberrazioni dei consumi individuali e collettivi è un'elegia satirica. Lo sdegno del profeta, o del poeta (con tutte le limitazioni di chi fa il profeta, o il poeta) ma il distacco dell'analisi. L'animo umano e il corpo sociale considerato come una cosa viva, verso i suoi traguardi, e poi, asetticamente e spassionatamente, studiato come se fosse un oggetto. Se prendiamo il desiderio del consumo di un prodotto o al contrario la sua inappetibilità, dovrebbe trattarsi di un esperimento, di un possibile, di un surreale e non di un fatto esistente, incontrovertibile.
L'esperimento dissipativo non genera un fatto ma, a partire dalla prospettiva ipotetica da cui si pone, lo ripensa e lo razionalizza. Molti usano il falso consumo in modo tradizionale, senza ripensarlo. Ad esempio usare un bene che è tuo, ad esempio la casa, come un corso di perfezionamento di svariate attività in vista di futuri traguardi in altri posti, ovvero fuori di essa. Imparerebbero di più se comprassero ciò che gli serve, se si affidassero a beni non loro.
Se il falso non dissipasse allora si potrebbe usare come vera conservazione. L'esperimento è (tolgo il condizionale) da condurre col rigore e la spietatezza dello scienziato, senza concessione alle paure, agli animi pii e sensibili.
Tu dirai che è un pantano. Come ci si muove ? con quel wit di bizzarria, di brio, di spirito, di sconcerto del buon senso, di ironia (è quello il sabotaggio, e non opporsi fintamente, e democraticamente). O ce l'hai o non te lo inventi.
Considerare di pubblica utilità l'uso dell'allegoria e del grottesco, un distacco scostante dalle cose reali, la disprezzosa non pratica delle conclusioni rassicuranti (che in quanto rassicuranti verranno usate). Credere nelle virtù conoscitive e morali del gioco, dello scandalo (usate così, sono alte). Identificare una parte personale di divertimento col bene pubblico.
Colonna sonora di tutto ciò: (hic) e (e vabbèèè, troppa frutta), i gridi animaleschi dell'ubriaco e del diarroico.
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