Il signore distinto
L’interrogazione di contabilità, mi preoccupa molto, ho studiato abbastanza, ma la prof. riesce sempre a mettermi in difficoltà anche solo per una piccola regola, insignificante, ma a suo giudizio vitale.
L’autobus è arrivato, se miracolosamente trovo un posto a sedere, ripasso pure, il capitolo precedente, per sicurezza, ma come al solito: tutto occupato. È ora di punta e l’autobus è gremito di gente, m’aspettano pestate e spinte e a volte zuccate, causa frenate brusche dell’autista, la mia salvezza è raggiungere la spalliera di un sedile, che mi reggerà per tutto il tragitto.
Quel signore di mezza età, fa proprio al caso mio, raggiunto l’obbiettivo, mi ancoro come una cozza. L’uomo sotto di me, è distinto e molto serio, regge la sua cartella di cuoio sulle gambe, e segue il moto ondulatorio dell’autobus, come tutti noi, però comodamente. Ogni tanto mi guarda con dolcezza, perché i miei libri, sbattono nel sedile, ogni volta accenna un sorriso, come volesse dire “non importa, non è colpa tua”.
Ripassare la lezione in queste condizioni, non è possibile, forse più avanti, ci stiamo avvicinando alla città, anche il corridoio dell’autobus si libera, sono poche ora le persone in piedi e l’aria fresca di un finestrino aperto, spazza via quel miscuglio di profumi e sudore, che mi da tanto fastidio.
Anche il signore brizzolato sembra apprezzare, con calma estrae dalla cartella dei documenti, li sfoglia, li controlla, li ripone, ma poi ci ripensa e ricontrolla. Dall’intestazione dei documenti leggo, ufficio imposte, sarà un ragioniere, visto le mani curate, ora cerca qualcosa d’importante, sono curiosa, cosa apparirà dalla cartella , solo un foglietto, probabilmente un promemoria, data l’età.
Non posso fare a meno di guardare, lui sicuro d’ aver attirato la mia attenzione, sul biglietto scrive in stampatello” se scendi alla prossima fermata ti dò ….. lire”. Ma . . .per chi mi ha preso, il suo sguardo viscido, conferma la sua offerta.
Lì per lì, mi sarei messa a piangere, mi sentivo offesa nel profondo, mille pensieri mi frullavano in mente, perché ha pensato questo di me, che cosa ho fatto per incoraggiarlo a farmi una simile richiesta, ma come si permette, potrebbe essere mio nonno.
Il biglietto lo teneva accuratamente nascosto fra due fogli, in modo che, solo io lo potessi leggere, visto che il suo vicino di posto lo guardava incuriosito.
Io paralizzata, avevo lo sguardo fisso, impassibile, volevo scappare, ma nello stesso tempo, non volevo farmi vedere impaurita o scioccata, anche se la vergogna mi torceva lo stomaco. Avrei voluto insultarlo, per quel affronto, ma nessuno dei presenti avrebbe capito il mio sfogo, e poi non avevo il coraggio, lui distinto e adulto preso a parolacce da una ragazzina, a chi avrebbero creduto?
La fermata dell’autobus è prossima, lui si mette in fila per scendere, mi guarda, come volesse una risposta, finalmente le porte si aprono e lui scompare, è tutto finito, mi sento sollevata,ora il posto libero ci sarebbe, ma non potrei mai occuparlo, tanto è lo schifo che mi ha travolto.
Sono passati tanti anni e ricordarlo mi da ancora fastidio, non sono migliorata molto in queste situazioni, ma ora ho capito che non dovevo vergognarmi, ma bensì, lui il vecchio porco, che aveva la presunzione di comprare la giovinezza.