Ciao,
io non mi meraviglio della vivaista, perché se il vivaio non è specializzato in orchidee adottano gli stessi concetti di coltivazione delle piante terricole alle piante epifite, quali sono la maggioranza delle orchidee coltivate in casa. Analogamente, se coltivassimo una pianta terricola, tipo una rosa o un ciclamino, come epifita, quanto tempo camperebbe? Un mese o due forse. Pochi hanno in testa questa differenza.
Le radici delle orchidee epifite sono morfologicamente diverse da quelle terricole. Non hanno i peli radicali sulla punta delle radichette che esplorano il terreno e ne assorbono acqua e nutrienti. Si dice spesso che nel trapianto di una terricola è meglio lasciare una radice sola con il suo pane di terra (e tutte le radichette) piuttosto che togliere tutta la terra e lasciare solo le radici legnose che non assorbono acqua. E il terriccio deve essere compresso perché se restano sacche d'aria le radichette che non possono penetrare nel terreno, muoiono. Il vecchio capoccia di un vivaio nel quale ha lavorato, quando travasavano prendeva un bastone e spingeva giù con forza il terriccio tra le radici per non lasciare spazi vuoti: meglio rompere una radice piuttosto che lasciarne tante a morire, diceva.
Le radici delle orchidee epifite assorbono l'acqua lungo tutta la loro lunghezza attraverso il velamen, la sostanza bianca e spugnosa, di spessore diverso a seconda della specie, che avvolge la radice vera.
Il velamen si gonfia di acqua quando viene bagnato dalla pioggia o dall'acqua che scorre sulla corteccia e poi la radice vera, all'interno, assorbe l'acqua. La quantità di acqua assorbita dipende dal tempo che passa dalla bagnatura del velamen a quando è asciutto.
Nell'aria umida dopo una pioggia in una foresta tropicale (80-90% di umidità relativa) passano tre, quattro o sei ore (ma le radici sono sempre esposte all'aria), mentre nell'aria secca dei nostri appartamenti in un'ora il velamen si aciuga. Per questo motivo mettiamo le radici nella corteccia dentro un vaso perché l'aria in mezzo alla corteccia rimane umida più a lungo, perché è segregata e un po' di acqua evapora dalla corteccia. Le radici non penetrano nella corteccia come fanno le radici e radichette delle terricole per assorbire l'acqua e nutrienti. Per questo motivo le orchidee epifite soffrono molto meno il rinvaso rispetto alle terricole: non hanno radichette delicatissime.
In secondo luogo le radici delle orchidee epifite hanno bisogno di ossigeno perché partecipano alla respirazione della pianta. Anche le piante respirano, nel senso biochimico del termine, di notte, utilizzando i carboidrati semplici fotosintetizzati durante il giorno, per produrre le sostanze complesse di cui hanno bisogno: cellulosa, lignina, proteine, etc.
Le radici delle terricole sono adattate alla scarsità di ossigeno nel terreno e respirano pochissimo, perciò ricevono le sostanze elaborate dalla linfa. Quelle delle epifite sono adattate a un ambiente ricco di ossigeno e perciò respirano: poste in un ambiente povero in ossigeno, quale lo sfagno compresso e fradicio o la corteccia decomposta e fradicia, muoiono e poi marciscono (ovvero i tessuti morti vengono decomposti da funghi e batteri).
Nel caso in cui sono presenti funghi e batteri parassiti, questi entrano nelle radici moribonde e poi da lì nei tessuti vivi, si diffondono e uccidono la pianta. Nella maggioranza dei casi le radici muoiono per mancanza di ossigeno e in un secondo tempo i tessuti morti vengono attaccati da fungi e batteri saprofiti, che non entrano nella pianta. Però la pianta perde radici e questo può portarla alla morte per disidratazione.
In conclusione il substrato poco aerato è dannoso alle radici di orchidee epifite perché in primis le radici muoiono per mancanza di ossigeno (molto più di una terricola) e in secondo luogo perché il terriccio rimane umido a lungo e l'umidità permette lo sviluppo di funghi e batteri parassiti (molti parassiti sono anche saprofiti) che attaccano le radici indebolite.
Perciò come regola generale, soprattutto per le le orchidee epifite con radici grosse e carnose come Phal e Vanda, la corteccia deve avere dimensione media di una nocciola, con qualche pezzetto sparso più piccolo. Se si vuole usare lo sfagno, non deve essere mai compresso e mai infradiciato perché mancherebbe ossigeno.
Se si vogliono utilizzare soluzioni diverse (corteccia più piccola, sfagno più compresso e umido) per ridurre la frequenza di innaffiature, aumenta il rischio di perdita delle radici e malattie radicali.
Ciao
Carlo