Io concordo con Lilith,perdonare si puo',ma dimenticare è difficile.Forse è anche come dice lei,se uno dimentica è perchè quello che ha subito non era così dirompente e non ha fatto così male.
Concordo anche con Delonix,sèecialmente nell'ultima parte del l'ultimo post.E' vero,per mia esperienza ho incontrato
(non saprei definirle meglio di così)che si sono approfittate del mio passare sopra su certi comportamenti:la cosa mi ha ovviamente portato a far capire alle.."SUDDETTE"che non solo si erano sbagliate,ma è stato necessario adeguatamente " ridimensionarle",per così dire.
Il perdono non è cosa facile,e,francamente,non solo non credo neanch'io ai "perdonatori facili",per definirli con Delonix,ma mi danno anche un po' fastidio.
Il perdono è un processo lungo è una messa in discussione di se' e dell'altro, dell'offeso e dell'offensore,è un cercare di comprendere le proprie ragioni e quelle dell'altro,quanto peso abbiano le une e le altre,il perdono è un "donare oltre" (l'etimologia è questa)ossia,andare oltre le proprie ragioni i propri sentimenti alla luce di un'elevazione spirituale (qualunque sia il credo religioso o l'ideologia in cui si crede),di un superamento di se'.E' un processo lungo,sofferto,quasi una gravidanza che porta poi l'essere umano che perdona ad una dimensione diversa,migliore.E' così il perdono fa crescere,arricchisce,acquista il suo senso.Ma,ripeto,altro è la teoria,altro è la pratica,e il processo del perdono non avviene da un giorno all'altro,specialmente se il dolore,l'offesa da perdonare sono particolarmente pesanti.Il mio fastidio per i facili perdonatori si esprime maggiormente nei confronti di coloro che,avendo subito un attograve,una violenza nella loro famiglia,davanti alla TV o ai massmedia fanno enunciati di perdono agli offensori,che a me sanno tanto di falso e di narcisistico.Sbagliero',senza dubbio,ma che ci posso fare?
Circa la vendetta,ho imparato per mia esperienza che ha un sapore amaro e che non serve a niente.Lo ammetto,ero più giovane,ai tempi del liceo,e ho subito un'offesa ingiusta,da far sanguinare,da un mio compagno di scuola.Ho "curato" e "nutrito amorosamente"il mio rancore,ho giurato vendetta alla prima occasione propizia.passo' del tempo e la vendetta arrivo',non per mia mano,ma la vita,il destino,pensarono loro a farlo per mano mia:la persona fu colpita allo stesso identico modo con cui lei aveva offeso me,forse pure peggio.
Sulle prime ho gioito,lo ammetto,"esiste giustizia a questo mondo..."ho detto fra me e me... ma quando mi sono poi trovata a tu per tu con quello stesso compagno,che in quel momento era sofferente, e pure tanto,beh...mi sono vergognata moltissimo del mio gioire.
Ho sentito per lui tanta pena, la mia cosiddetta gioia iniziale si è convertita in compassione,e mi sono trovata a dirgli,invece che parole di rivalsa,parole di consolazione.
Ho imparato da qeul fatto che la vendetta non solo non serve,ma abbrutisce anche chi la concepisce dentro di se'.Non sono una santa,come tutti subisco torti o ingiustizie (chi ne è risprmiato?)e i pensieri di vendetta e rivalsa comunque mi rigurgitano ancora fuori:li lascio sfogare un po'tra me e me come soffioni vulcanici (so che è solo rabbia e facendo così mi evito l'ulcera)e poi li allontano da me