Cheguevilla
Giardinauta Senior
Stiamo deragliando un attimo.
L'art.18 aveva la funzione principale di evitare soprusi da parte del datore di lavoro, che generalmente è la parte forte del contratto. Infatti si applica nel caso di licenziamenti di meno di 5 persone. I licenziamenti per esubero non sono mai stati toccati dall'art.18.
Con la "robotizzazione", quindi, l'art. 18 non avrebbe cambiato nulla.
Il jobs act può essere discusso per tanti motivi e credo anche io che sia un mezzo paciugo, ma di sicuro l'idea del lavoro "a tempo indeterminato" che dura per tutta la vita è un concetto che oramai non ha più senso. Il mondo, i prodotti, le tecnologie, cambiano a una velocità molto elevata. Esempio stupido: fino a 5/6 anni fa, Nokia era leader mondiale nel settore della telefonia mobile. Ora Nokia non esiste più. E di esempi come questo ne potrei fare migliaia.
Per anni in Italia si è vissuti nell'idea che l'azienda è una sorta di padre caritatevole che dava la paghetta ai suoi impiegati perchè doveva farlo, e nel frattempo gli faceva fare qualcosa. Sul perchè si può discutere a lungo, ma è un fattore principalmente culturale.
Con lo svilupparsi dei trasporti e delle comunicazioni (e dei paesi asiatici), l'Italia si è trovata a fare i conti con la realtà.
In tutto ciò, l'art.18 è una questione pretestuosa. Con o senza non cambierebbe nulla nella realtà dei fatti.
Bisogna scardinare dalle menti il modello per cui "un lavoro è per sempre" o cose come "ho sempre fatto questo, se mi licenziano mi rovinano".
Il cambiamento c'è, non lo si può fermare. Si può rifiturare di accettarlo, ma in questo modo si finisce esclusivamente per subirlo, ricevendone solo gli svantaggi e senza goderne i benefici.
Il punto in cui la politica ha fallito finora è nel riadattamento della forza lavoro e nella formazione. Ci sono aree in cui c'è carenza di forza lavoro e altre in cui c'è un esubero. A mio parere, lo Stato dovrebbe aiutare a bilanciare le cose, attraverso la formazione e la ri-formazione professionale.
Su questo punto, l'Italia è piuttosto indietro.
L'art.18 aveva la funzione principale di evitare soprusi da parte del datore di lavoro, che generalmente è la parte forte del contratto. Infatti si applica nel caso di licenziamenti di meno di 5 persone. I licenziamenti per esubero non sono mai stati toccati dall'art.18.
Con la "robotizzazione", quindi, l'art. 18 non avrebbe cambiato nulla.
Il jobs act può essere discusso per tanti motivi e credo anche io che sia un mezzo paciugo, ma di sicuro l'idea del lavoro "a tempo indeterminato" che dura per tutta la vita è un concetto che oramai non ha più senso. Il mondo, i prodotti, le tecnologie, cambiano a una velocità molto elevata. Esempio stupido: fino a 5/6 anni fa, Nokia era leader mondiale nel settore della telefonia mobile. Ora Nokia non esiste più. E di esempi come questo ne potrei fare migliaia.
Per anni in Italia si è vissuti nell'idea che l'azienda è una sorta di padre caritatevole che dava la paghetta ai suoi impiegati perchè doveva farlo, e nel frattempo gli faceva fare qualcosa. Sul perchè si può discutere a lungo, ma è un fattore principalmente culturale.
Con lo svilupparsi dei trasporti e delle comunicazioni (e dei paesi asiatici), l'Italia si è trovata a fare i conti con la realtà.
In tutto ciò, l'art.18 è una questione pretestuosa. Con o senza non cambierebbe nulla nella realtà dei fatti.
Bisogna scardinare dalle menti il modello per cui "un lavoro è per sempre" o cose come "ho sempre fatto questo, se mi licenziano mi rovinano".
Il cambiamento c'è, non lo si può fermare. Si può rifiturare di accettarlo, ma in questo modo si finisce esclusivamente per subirlo, ricevendone solo gli svantaggi e senza goderne i benefici.
Il punto in cui la politica ha fallito finora è nel riadattamento della forza lavoro e nella formazione. Ci sono aree in cui c'è carenza di forza lavoro e altre in cui c'è un esubero. A mio parere, lo Stato dovrebbe aiutare a bilanciare le cose, attraverso la formazione e la ri-formazione professionale.
Su questo punto, l'Italia è piuttosto indietro.