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Giardini "Italici" e "All'Italiana"...

Noor.

Giardinauta Senior
Visto l'interesse manifestato da alcuni membri de Forum per la "Storia degli Stili", nonché per smentire chi mi tacciava di essere un "acido bidonista", mi permetto di inserire alcune note sul "Giardino all'Italiana", e sulle sue origini storiche.

Capitolo I... ;) Innanzitutto occorre notare come il Giardino Rinascimentale italiano, che è poi quello che viene definito "all'italiana", sia una diretta discendenza del Giardino d'Età Romana. A Roma infatti l'Arte dei Giardini divenne una delle maggiori testimonianze dell'Arte e della Civiltà, segnando un deciso salto di qualità nei confronti delle civiltà precedenti e divenendo vero e proprio simbolo di un modus vivendi del tutto tipico, a cominciare dall'otium di ciceroniana memoria.
I primi giardini romani, molto semplici, nascono come piccolo spazio verde al centro delle abitazioni. Derivata dall'architettura vernacolare greca, la casa romana si caratterizza per la chiusura nei confronti dell'esterno (per le chiacchiere, gli affari, la vita cittadina... c'erano il Foro, le Terme...). Si sviluppa e si apre invece attorno ad uno spazio centrale aperto, una corte interna dalla quale prendevano luce ed aria le varie stanze. Inizialmente tale spazio centrale (impluvium) era occupato da una vasca o cisterna per la raccolta dell'acqua piovana. Un piccolo hortus conclusus si sviluppava invece sul retro, adibito esclusivamente alla coltivazione di piante alimentari o officinali.
In seguito, con l'ampliamento delle case per i ricchi patrizi, la corte centrale divenne il fulcro dell'abitazione, circondata da un colonnato che mediava i rapporti di sole/ombra tipici delle zone mediterranee, e consentiva di intrattenersi all'aperto per feste, passeggiate... la vasca centrale resta spesso come motivo dominante, ma lo spazio circostante si amplia e si arricchisce di aiuole sempre rigorosamente determinate. Celeberrimi e vari, i giardini delle Case pompeiane comprendevano varie specie tipicamente mediterranee: il bosso, il mirto, l'alloro, l'iris, la rosa (Damascena), la ruta, la viola,... oltre ad alberi da frutto e pergolati di vite. Anche l'acqua comincia a prender vita tra bacini, vasche, zampilli. Tutti gli elementi del giardino romano sono disposti con rigorosa geometria, il più delle volte seguendo un asse centrale o più assi incrociati, ma sempre simmetricamente disposti. Soltanto in tarda Età Imperiale faranno la loro comparsa elementi naturalistici o disposizioni asimmetriche ed informali (Villa Adriana). Oltre al giardino domestico, già in Età Repubblicana sorgono in città e nelle grandi ville parchi e giardini celebri, che fanno rivivere una visione fantastica e pittorica derivante da una mitologia radicata nel mondo agreste dei campi e dei colli, popolati da dèi e ninfe. Viali rettilinei adorni di cipressi, pioppi, siepi di mirto e rosmarino, macchie di rose e fiori, pergolati e le vaste terrazze digradanti sui versanti collinari si contrappongono ad elementi architettonici in pietra: colonnati, esedre (colonnati semicircolari ndr), fontane, tempietti, statue... L'ars topiaria raggiunge in questo periodo una grande diffusione, atraverso l'utilizzo di siepi e forme geometriche in bosso, alloro, mirto, leccio, tutte essenze resistenti alla siccità ed ai tagli ripetuti. In epoca Imperiale i giardini si arricchirono ulteriormente di effetti scenografici, ampliando le proprie dimensioni e la propria magnificenza, ma mostrandondo quella sorta di "manierismo" che si riscontra come espressione decadente allorché una civiltà, raggiunto l'apice, comincia la propria disgregazione. E' ciò che avvenne con la fine dell'Impero e la nascità delle civiltà del Medio Evo...

Nella prossima puntata: il Giardino Mediovale.
Ciao! :D :D
 
A

andrea29

Guest
Ma che bravo.Io lo scorso maggio mi sono studiato una breve storia dei giardini che ho trovato su internet.Mi serviva per la selezione per un master presso la fondazione minoprio.A dire il vero ho pure passato la selezione ma poi alla fine ho rinunciato al master.Appena trovo il sito da cui avevo preso il materiale sulla storia dei giardini te lo faccio sapere.Sai era fatto molto bene e poi c'era una parte descrittiva sui pricipali giardini storici italiani.
Se ti interessa la tabeuia forse è venuto il momento di vederci de visu .

a presto
 
A

andrea29

Guest
ecco qui la storiella.il sito web non è piu accessibile.ci vuole la password

Passeggiando per i giardini del tempo
"Passeggiando nei giardini del tempo" è una rielaborazione delle lezioni di "Storia del giardino" tenuto agli allievi del corso IFTS "Impiantista, manutentore, gestore di parchi, giardini e aree verdi".
Si è voluto dare agli allievi uno strumento di rapida consultazione, mettendo in evidenza la continuità storica nella progettazione e realizzazione del giardino.
Con il termine "la passeggiata" si vuole rappresentare lo stato d'animo con cui un visitatore si deve apprestare alla visita del giardino: curioso di apprendere, desideroso di essere stupito, alla ricerca del "Genius Loci" che ha creato il giardino.
Passeggiata, che partendo dal nostro territorio si snoda per tutta Italia, in un susseguirsi di giardini segreti, ninfei, fontane, labirinti, alberi secolari, mettendo in mostra questa grande arte che ha reso celebre l'Italia nel mondo.
Prof. Angelo Destefanis

INTRODUZIONE

Da sempre, le più antiche religioni insegnano che il territorio di Dio o dell' uomo eletto da lui, è un giardino fiorente: nell’attesa di questo paradiso dell’aldilà, gli uomini hanno amato i giardini terrestri. Per gustare meglio la felicità o il riposo simili a quelli dell’eternità, essi hanno coltivato tutte le forme vegetali della bellezza. I giardini hanno infatti simbolizzato, in tutti i continenti, la sensualità e la spiritualità dei loro creatori, il loro genio inventivo, il loro talento di agricoltori, d’idraulici, di selezionatori di specie.
Iniziamo la nostra passeggiata attraverso i giardini partendo dal lontano Egitto per risalire ai giorni nostri. Vedremo come, nello svolgersi dei secoli, l’uomo ha seguito una specifica idea del giardino, basata sul principio della domesticazione estetica della natura per il proprio diletto.
Domesticazione e collazione selezionata della natura esplicitano un perfetto dominio programmatico dell’uomo: così sarà per millenni il rapporto tra l’uomo e la natura nel suo giardino. Sarà questo il principio fondativo di ogni giardino europeo, dall’antichità classica sino alla crisi settecentesca del giardino formale alla francese, quando l’uomo europeo comprese che si poteva costruire un rapporto con il singolo individuo vegetale, anziché solamente con la sua serialità. Ma il senso di quel piacere non muterà mai.


GIARDINI NELL’ANTICHITA’

Nella tradizione dei popoli dell’antichità non solo orientale, ma anche classica, la natura più bella, il luogo più splendido e fecondo si identificava con il giardino dell’Eden, con il Paradiso Terrestre, luogo primigenio perfetto, ma ormai perduto, dove si era realizzata la perfetta armonia tra uomo e natura.
La Bibbia prima e innumerevoli racconti fantastici poi ci hanno lasciato descrizioni di questo giardino perfetto e paradisiaco il cui mito ha certamente affascinato gli uomini. Il desiderio di ricreare questi mitici luoghi favolosi, comuni alla tradizione leggendaria di numerose antiche civiltà, associandosi alla necessità di riprodurre i fenomeni naturali, di disciplinarli e piegarli ai bisogni umani in un’area di terreno recintata e coltivata con ordine e cura ha dato origine ai primi giardini. In essi trovavano posto colture domestiche, alberi da frutta, fiori, mentre una zona appartata era dedicata al "genius loci" con fonti e alberi considerati sacri, steli e templi votivi.

GIARDINO EGIZIO

Il giardino di questo periodo può essere solamente ricostruito nelle sue linee essenziali attraverso i ritrovamenti archeologici. Il giardino privato, che troviamo nelle pitture, era uno spazio pianeggiante, con impianto quasi perfettamente geometrico, cintato da un muro che offre riparo dai venti del deserto. Nel giardino è presente una vasca d’acqua e una zona destinata all’allevamento di animali. Troviamo anche filari di palme e alberi da frutto, fiori e papiri e pergolati di uva domestica come zone d’ombra vicino alla casa. Gli Egizi furono maestri nel realizzare coltivazioni in pergolati e filari ed esportarono questa tecnica che sopravvive ancora oggi. Nel giardino egiziano sono già presenti gli elementi costitutivi del giardino di ogni tempo e, forse ,di ogni civiltà come: l’ordinato sistema di alberature ad alto fusto, dei frutteti, dei palmeti, della vigna centrale, delle vasche con animali e dei padiglioni architettonici.

GIARDINO BABILONESE

I Giardini Pensili di Babilonia, si narra, erano la ricostruzione dell’ambiente della patria della moglie di Nabucodonosor, nostalgica dei paesaggi della Media. Dal IV secolo a. C. quei giardini, che si vuole risalgano al VIII secolo a. C., vennero descritti con tutto il loro fascino in numerosi testi. Per quanto non esistano descrizioni precise delle loro immagine, nessuna trattazione dei giardini dell’antichità può prescindere almeno dalla citazione della loro esistenza. Le informazioni più attendibili, non favolistiche ci riferiscono di giardini pensili realizzati su terrazze sovrapposte in più ordini, ubicati tra le mura del palazzo reale e i bastioni di difesa. I giardini pensili erano interamente costruiti e non avevano alcun rapporto di continuità con ciò che si trovava attorno. In analogia con altre sistemazioni non della stessa importanza, si suppone che fossero costituiti da uno strato di terreno dello spessore di circa 1 o 2 metri posto sopra uno strato drenante: il tutto doveva appoggiare su un fondo impermeabile sorretto da muri e volte. L’acqua era alimentata da una catena senza fine e irrigava tutte le zone dei giardini discendendo dal livello più alto a quello più basso. La presenza dell’acqua permetteva la coltivazione di numerose piante da fiore; si trovavano anche alberi di alto fusto: palme, cipressi, pini, ecc.

GIARDINO GRECO

Notevole era nella civiltà greca il rispetto dei luoghi e del paesaggio: già dai tempi dei poemi omerici e per i secoli successivi, tutta la letteratura greca è ricca di riferimenti a giardini, parchi, "luoghi sacri". Le descrizioni più suggestive dell’ambiente di un giardino o di un parco del periodo arcaico si trovano nell’Odissea. La prima appare nel libro V e si riferisce ad un ambiente naturale, ad un bosco ingentilito e idilliaco. Si ha qui l’immagine di un ambiente naturale esaltata dal contrasto che presenta con la descrizione della spelonca in cui vive la ninfa Calypso. E’ opportuno rilevare come, nella descrizione, si ritrovino tre elementi archetipi del giardino delle origini:

il primo è rappresentato dalle quattro polle di acqua che danno origine a ruscelli che si dipartono in opposte direzioni l’uno rispetto all’altro e che ci ricordano i quattro corsi d’acqua descritti sia nel libro della Genesi sia nel Corano a proposito di giardino dell’Eden;
il secondo è rappresentato dall’immagine della grotta che, per il legame che sollecita tra il mondo esterno e il mondo degli inferi, si ritroverà frequentemente sotto forma di nimpheum nel giardino di epoca romana e successivamente riapparirà, con altri contenuti ideali e formali, in quello rinascimentale, manieristico, barocco, ecc.

il terzo è rappresentato dalla presenza di animali che si troveranno in seguito nei successivi giardini ellenistici dei principi e negli stessi giardini romani .
La seconda descrizione è più puntualmente riferita ad un giardino degli uomini, dove ciò che conta è l’esaltazione dell’abilità dei coltivatori, e si trova nel libro VII dell’Odissea, dove si trovano una serie di elementi significativi e ripetuti anche in seguito: in primo luogo l’elemento di delimitazione, che è rappresentato da una siepe: il giardino è cioè uno spazio di terreno che ha un limite preciso, non si confonde con il paesaggio circostante;
le piante di alto fusto sono fruttifere, non vi sono alberi scelti solo per il loro valore decorativo;
le aiuole sono realizzate attraverso coltivazioni di ortaggi; l’acqua è presente con ben due fonti: senza acqua dispensatrice di vita un giardino non potrebbe esistere e l’abbondanza con cui si presenta ribadisce l’importanza che ha l’acqua per tutti i popoli mediterranei, sia come elemento funzionale che di piacere
l’Accademia Platonica è descritta come un giardino alberato e più tardi, in periodo ellenistico furono certamente numerosi e raffinati i giardini che adornarono le città e servirono da modello alle ville romane: ma dei primi giardini ateniesi, dei viali ombrosi di olivi e platani, del divino "Akademos", dei giardini di Teofrasto forse riservati allo studio delle piante, di quelli di Epicuro, citati negli scritti greci non abbiamo descrizioni sufficienti per ricostruire il disegno e l’organizzazione dello spazio verde; infatti essi non furono rappresentati come nelle altre manifestazioni della vita e della cultura greca, nelle famose pitture vascolari che tante preziose indicazioni ci hanno tramandato di quella eccezionale civiltà.

HORTUS ROMANO

Diversamente da quanto è avvenuto per il giardino greco, di cui resta effettivamente assai poco (in particolare per quello privato), le ville di epoca romana con i loro giardini sono abbastanza ben documentate.
I commentatori del tempo ci hanno lasciato una quantità di informazioni che sono in certi casi anche più stimolanti delle immagini; per il tramite di tutti questi contributi di studio e di scavo si possono ammirare oggi le vestigia abbastanza complete di alcuni di questi manufatti, così come le ricostruzioni di veri e propri giardini con le loro essenze originali, con la primitiva disposizione di aiuole e alberature, con gli elementi di arredo, i sentieri, i canali di irrigazione, le fontane, ecc.
Il giardino romano non è una copia di modelli già noti e la soluzione che adotta, sia estetiche che funzionali e botaniche, sono originali: derivano, cioè, da una appropriazione e trasformazione di contributi culturali provenienti da civiltà più evolute nella trattazione del tema del verde decorativo- con cui i romani erano entrati in contatto- adattati ad uno specifico territorio, ad una mentalità ed a modi di vita autoctoni. Con questo spirito si deve cogliere l’evoluzione delle forme del giardino romano nel periodo che va, grosso modo, dal 129 a.C. fino al 133 d.C.
In un arco di circa tre secoli si delinea il passaggio dalle forme dell’orto fecondo che sostenta la vita di agricoltori e cittadini alla nascita e all’affermazione dei grandi parchi sterili ricchi di alberi e di sistemazioni decorative.
Dalle origini fino all’età di Cesare il giardino sarà ispirato a modelli ellenici, orientali, alessandrini e della Magna Grecia con l’uso di peristili, sisti, ecc.
Durante il periodo augusteo si determina una maggiore attenzione alla sistemazione degli alberi come tali, all’introduzione dei nemora tonsilia (alberi potati) e alla ricerca di effetti naturalistici nei giardini da ottenersi con il taglio e la forzatura dei rami e dei tronchi e con adeguate potature delle chiome.
I giardini divengono dei veri e propri parchi al cui interno sono inclusi interi boschi, anche con la piantumazione di essenze importanti come i cipressi e con la utilizzazione di piante di alto fusto come platani, olmi, pioppi, ecc.
Durante l’ultimo periodo, quello dei Flavi., si torna a ricercare effetti più decorativi dal punto di vista dell’arte topiaria (particolare tecnica di taglio artistico introdotta dai romani, per la quale alcune piante sempreverdi, a fogliame minuto, vengono ad assumere forme figurative varie, scultoree o architettoniche, a seconda della moda del momento) e si accentua l’uso di pitture a fresco sotto i portici e di manufatti realizzati a mosaico rustico nei giardini, di un genere che nel rinascimento sarà chiamato a "grottesco".
L’ornamentazione diviene ridondante e barocca per quanto riguarda i rilievi e le decorazioni scultoree che non hanno più carattere marginale. Il giardino, per il romano, assume una funzione connessa al riposo e allo svago, al refrigerio nelle stagioni più calde: diverrà infine luogo dove appartarsi e raggiungere quello stato dello spirito detto otium- il riposo distensivo stimolatore dello studio, della meditazione e del tranquillo conversare- che costituiva per i romani la necessaria premessa per un agire sereno e ragionato. Da un punto di vista estetico si deve sottolineare che i romani prediligono le forme del giardino costruito piuttosto che quelle del giardino naturale: per questo motivo probabilmente il primo tipo di manufatto che tenderà a corredare l’area del giardino sarà un portico disposto su uno o più lati dello spazio verde.
Il modello a cui più frequentemente ci si riferisce per stabilire un legame tra queste sistemazioni e i manufatti già elaborati nel periodo ellenistico è quello del peristilio-ginnasio.
La sistemazione vegetale- più che quella architettonica- che meglio caratterizza il giardino romano di vaste dimensioni è l’ippodromo; l’ippodromo era una architettura del verde destinata al passeggio a piedi.)
Una delle mode più diffuse nella sistemazione dei giardini fu quella dei ninfei: si trattava di grotte artificiali decorate con spuma di pietra pomice.
L’origine greca del termine latino nimpheum ci ricorda che tale denominazione era attribuita solo a scenari o edifici sacri: ai templi dedicati alle ninfe, ai luoghi in cui, anche nella tradizione romana, vi era una sorta di contatto tra il mondo superiore e il mondo degli inferi e in generale tra il mondo terreno e il mondo ultraterreno.
Al pari degli edifici, dei viali, delle sistemazioni del verde ornamentale, anche i giochi d’acqua erano mezzi privilegiati con cui i romani componevano i loro giardini, ad esprimere il gusto allo stesso tempo mistico e sensuale dei popoli mediterranei per la presenza dell’elemento liquido nelle loro composizioni vegetali.
Le fontane erano certamente i manufatti più diffusi, ma non mancavano i canali, le peschiere e in generale i luoghi dove bagnarsi, che erano un corredo particolarmente gradevole negli spazi aperti delle ville.
Il giardino è essenzialmente un ornamento, se teniamo conto della predilezione dei romani per il giardino costruito, si capisce che la decorazione vegetale doveva essere capace di unire gli elementi architettonici con la cornice naturale in cui dovevano essere inseriti.
Nelle sistemazioni delle piante ornamentali predominavano le forme vegetali stabili, gli arbusti a foglia perenni, le piante di lauro e di bosso, le aiuole di mirto, l’acanto, la pervinca e il capelvenere.
Gli alberi erano i platani, i cipressi, i pini, i lecci ed alti tipi di querce: alberi stabili come apparato fogliare e solenni come immagine.
In certe parti del giardino la vite domestica e l’edera creavano festoni e ghirlande, si arrampicavano sulle murature e sulle colonne a creare quinte di verde per statue ed altri manufatti decorativi.
Nel giardino romano i fiori non predominavano.
L’immagine che si cercava di perseguire nel giardino era quella di una composizione di sempreverdi dove, di tanto in tanto, potevano emergere macchie di colore.
Il metodo attraverso il quale si poteva adeguare la natura ad una composizione voluta, più o meno architettonica, era quello dell’ars topiaria.
Nei giardini prossimi all’abitazione si potevano trovare animali domestici: spesso volatili allevati non solo per esigenze decorative, ma anche alimentari.
Questa fauna era ospitata in voliere ornamentali poste a cavallo di piccoli corsi d’acqua, dotate di strutture architettoniche di pregio.

HORTUS CONCLUSUS

Per quanto alcuni esemplari di giardino medioevale siano sopravvissuti, intesi come strutture murarie o spazi di terreno definiti planimetricamente, non si può trarre spunto per la descrizione delle loro sistemazioni vegetali da esempi reali.
Un giardino del periodo medioevale è stato spesso definito come Hortus conclusus, ad evidenziare i seguenti aspetti: con il termine Hortus si sottolinea il fatto che i giardini dell’epoca hanno in parte le caratteristiche di un orto fecondo di frutta, ortaggi ed erbe aromatiche.
Con il termine conclusus si fa notare, invece, che si tratta di uno spazio protetto e separato fisicamente, grazie ad un alto muro, dall’ambiente circostante: in certi casi con un accesso separato dall’edificio stesso cui afferisce.

Ricostruzione di giardino medioevale di Francesco Fariello


Questo schema grafico rappresenta la complessa organizzazione tipica del giardino medioevale, secondo l’analitica ricostruzione che ce ne dà Francesco Fariello. Dall’ingresso (1) si accede alla aiuole con i fiori (2), e si prosegue verso il prato con fontana e padiglioni (3). Vi si notano altre aiuole con erbe (6) che si integrano con l’antica figura del labirinto (4) e con il padiglione del bagno (5). Le altre aree del giardino sono destinati ai pomari (Pr), ai verzieri (V), al viridario (Vr) e alla peschiera (Ps).
L’acqua, nel giardino medioevale europeo, ha il significato di un preziosismo esotico poiché fino allora presente, con questo valore semantico, nel giardino islamico.
Ne è dimostrazione, in questo schema, la catena composta dalla fontana centrale coperta da un padiglione architettonico, dal padiglione per i bagni e dalla peschiera.
Secondo la letteratura del tempo, fortemente connessa ai testi della cultura romana, il pomario è il frutteto nel quali gli alberi sono piantumati regolarmente a quinconce, e suddivisi secondo la loro specie.
Il viridario è il luogo degli alberi sempreverdi (pini, cipressi, abeti, allori, ulivi), il sito prediletto dall’avifauna.
Il verziere o erbaio è lo spazio dedicato alla domesticazione e alla produzione delle erbe medicinali e di quelle necessarie alla cucina e alla profumeria: menta, salvia, rosmarino, timo, basilico e ruta.
Nelle aiuole si coltivavano rose, viole, gigli, gelsomini, giacinti e lillà.
Il giardino medioevale è delimitato dal suo recinto, perché l’area sottratta al più ampio contesto agricolo per le necessità della contemplazione e della produzione specializzata, è un area destinata ad usi privilegiati. Questa perimetrazione, anche si mbolica e sacrale, si moltiplica all’interno, nella suddivisione delle parti e delle aiuole, cosicché il giardino diviene una scacchiera infinita di diverse preziosità, con una classificazione facilmente comprensibile e culturalmente dominabile,
Per il giardino monastico vi sono delle costanti distributive, formali e simboliche che sono presenti fin dagli esempi più antichi.
Fondamentalmente queste costanti sono legate al fatto che il monastero unisce in un solo organismo spazi fisici che si rifanno alla vita dell’anacoreta e a quella comunitaria del cenobio.
E’ nella dialettica tra la natura selvaggia (il desertum o la selva, luoghi di eremitaggio) e la natura addomesticata (dove la vita santa ed utile tende a rendere fertili i siti incolti) che si modella il giardino monastico.
Le aree boschive esterne sono intese come desertum, luogo di solitudine che favorisce il misticismo e la penitenza: luogo di mirabilia e di epifanie.
Il paesaggio domestico all’interno del convento esprime una natura protetta da contaminazioni che ricrea l’ideale del giardino dell’Eden redento per il tramite degli eletti.
Il recinto del convento segna la cesura tra questi due riferimenti insieme ideali e concreti e delimita una microcittà cinta da mura.
L’area scoperta all’interno del convento è definita dai chiostri in giardini e cortili solitamente sistemati ad aiuole, secondo uno schema semplice e pressoché fisso: gli spazi vengono divisi da vialetti che si incrociano ortogonalmente o diagonalmente e danno origine ad aiuole.
Al centro del cortile si trova spesso un pozzo o una fontana o in certi casi una pianta o un albero.
All’esterno del chiostro (ma entro il perimetro dell’area conventuale) si coltiva l’orto che serve per la produzione di ortaggi, piante aromatiche o medicinali, fiori con cui ornare gli altari.
Il giardino e l’hortus vengono intesi come paradisus claustralis, manifestazione terrena dell’Eden e anticipazione del paradisus supercoelestis.
Per questo motivo prendono particolare rilevanza in questo insieme di spazi e di sistemazioni vegetali i riferimenti di carattere simbolico agli attributi della Vergine e del Cristo.
Alla Vergine dispensatrice di tutte le virtù si può fare riferimento attraverso le sistemazioni della fons hortorum, zampillante l’acqua della vita e attraverso le piantumazioni dei gigli e delle rose.
Il giardino claustrale diviso in quinconce con un albero al centro, protetto in certi casi da un aiuola quadrata, stabilisce riferimenti con la simbologia cristologica (I riferimenti simbolici stabiliti attraverso il numero quattro sono: i quattro fiumi del paradiso; le quattro virtù cardinali; i quattro evangelisti; i quattro profeti; i quattro padri della chiesa)
Il cimitero pomario è piantumato con alberi da frutto che simboleggiano le virtù della vita ed anche la rigenerazione dalla morte.
Le piantumazioni di cipressi lungo le strade indicano il percorso mistico che conduce al convento e ai luoghi di sepoltura: viene utilizzato questo albero in quanto simboleggia l’immortalità

GIARDINO ISLAMICO

Il giardino islamico è per gli Arabi simbolo del paradiso, la natura era locus horridus, poiché rappresentava il deserto, la negazione e l’assenza della vita che è data dall’acqua e dalla vegetazione.
Il giardino arabo ha come modello estetico il paradiso coranico, poiché il suo obiettivo è il piacere dei sensi. Trascende tuttavia la sua realtà in quanto rappresenta anche il paradiso; è quindi una metafora del paradiso islamico. Aggiunge cioè un archetipo estetico e morale un riferimento intellettuale: il luogo creato da Allah per premiare i beati con i piaceri sublimati dei sensi. Perciò i suoi elementi devono essere ordinati secondo leggi altrettanto rigide quanto quelle della prosodia, affinché svolgano una funzione significante e il giardino trascenda la propria realtà fisica.
Ne discende che il giardino arabo-islamico è in primo luogo geometria.
Non c’è da sorprendersi che il nome arabo del giardino sia rawda, termine che significa addestrare, ammaestrare, e che è omofona del termine arabo per indicare la matematica.
Il giardino diventa geometria quando introduce anche l’archeotipo formale del firdaws persiano, Il giardino a struttura quadripartita con al centro una fontana o un laghetto.
Il giardino metafora del paradiso, cioè il giardino geometrico, resterà separato dalle piantagioni utilitarie.
Il giardino terrestre, come metafora del giardino del paradiso coranico, aggiunge nuovi elementi che arricchiscono la visione estetica del suo modello: gli alberi devono essere di fogliame perenne come si addice al luogo dell’eterna giovinezza. Non devono essere annosi, bensì giovani, per potersi curvare, e devono esalare profumi. Dietro questa volontà di ordine e di chiarezza geometrica si può leggere il desiderio dei giardinieri islamici di distinguere il giardino-paradiso dal deserto magmatico e informe; il muro che divide il territorio selvaggio da quello colonizzato segna per altro verso anche la demarcazione ideale e spaziale tra la vita nomade e la vita sedentaria.
Esempi della magnificenza dei giardini islamici sono quelli dell’Alhambra e del Generalife a Granada.
In questi giardini si combinano gli elementi di base in modo da produrre dei risultati complessivi originali: infatti in questo contesto prende forma e assume particolare valore un tipo di giardino di carattere intimo, a corte, detto patio.
Sia nell’Alhambra che nel Generalife due schemi fondamentali danno origine alla sistemazioni dei giardini: uno è quello a pianta lineare disegnato intorno ad una ampia vasca centrale, di cui è esempio la Corte dei Mirti, dove la facciata delle sale d’apparato si riflette sulla vasca rettangolare fiancheggiata da elementi vegetali disposti sui lati lunghi; l’altro è quello altrettanto noto della Corte dei Leoni, in forma di giardino quadripartito: da una vasca con 12 leoni si originano 4 percorsi, nel cui asse vi è un piccolo canale: questi delimitano quattro parterres, un tempo più bassi di 80 cm. Rispetto al livello dei camminamenti.
Si voleva generare così l’impressione di calpestare un tappeto floreale.

GIARDINO RINASCIMENTALE

L’impianto, l’ubicazione e le caratteristiche del giardino rinascimentale sono strettamente legati ad un tipo di abitazione extraurbana, la villa (o palazzo in villa), che prende forma in questo periodo: la sua genesi non può essere scissa dal manufatto a cui è collegato.
Fattori culturali e di uso del territorio agricolo hanno a loro volta riflessi su questo tipo di organizzarsi nel contesto in cui sorgono: il paesaggio coltivato con cura della Toscana fornisce un esempio di come l’ambiente del contado non sia più solo una zona dove si fatica e si produce, ma abbia col tempo acquistato caratteristiche di piacevolezza e salubrità, tanto che alcune sue sistemazioni possono venire messe a confronto vincente con l’ambiente della città.
La villa della seconda metà del sec. XV è ad un tempo un investimento produttivo e una esibizione di censo e di prestigio sociale: con le sue pertinenze non è più isolata dall’ambiente circostante (come nel caso dell’Hortus conclusus) e il suo giardino diviene terrazza che si apre su ciò che sta attorno.
Per ottenere questi risultati si abbattono i diaframmi murari che fino a pochi decenni prima confinavano il giardino e si tende, con la valorizzazione di qualche relazione intima di carattere visivo e funzionale, a fondere insieme gli spazi aperti, di più stretta dipendenza dalla casa, con quelli circostanti del podere e anche del paesaggio, più lontano, naturale e antropizzato.
Già dal primo Quattrocento l’uomo ha teso a fondare i nuovi canoni dell’estetica e in generale la sua concezione del mondo su di un diverso senso di sicurezza e di fiducia nelle proprie capacità e si è posto con le sue esigenze al centro dell’universo.
Nel campo della progettazione la nuova tecnica della prospettiva ha consentito finalmente di comparare in modo preventivo tutti i contributi compositivi parziali per ottenere un risultato unitario delle soluzioni formali e funzionali di carattere settoriale.
Da un punto di vista strettamente cronologico l’evolversi delle forme e delle sistemazioni ambientali del giardino rinascimentale - che sarà poi detto all’italiana- copre un arco di quasi due secoli e può essere ricondotto alle seguenti fasi:
quella connessa alla realizzazione dei cosiddetti prototipi, prevalentemente toscani, a cavallo della metà del secolo XV;
quella della maturità dei risultati che si colloca tra gli ultimi quattro decenni del sec. XV e i primi tre decenni del sec.XVI;
quella posteriore al 1527, definita manieristica e caratterizzata dallo spostamento del centro della vita economica e culturale italiana da Firenze a Roma.

La sistemazione della villa è guidata da un preciso ordine prospettico, secondo regolari assi di simmetria che dovrebbero essere ortogonali tra di loro: i giardini e i terreni coltivati sono inquadrati in una visione gerarchicamente definita, con il palazzo al centro. In essa si fondono sia la concezione della casa come locus amoenus e come rifugio, sia lo scopo utilitaristico e produttivo.
Il giardino diviene un elemento tipologicamente importante, al pari degli altri manufatti costruiti e del palazzo e si articolerà molto spesso in una serie di terrazze, che consentono di realizzare superfici coltivate e costruite in piano, definite da muri di sostegno e collegate da scale e gradinate.
Pur caratterizzandosi per il fatto di essere un giardino molto costruito, in Toscana esso si è sviluppato ed è stato curato soprattutto nei suoi elementi naturali.
Il centro dell’interesse nella sistemazione del giardino rimane un rapporto di equilibrio tra manufatti edificati, villa compresa, e natura circostante.
Le antiche rovine di ville, le lettere di Plinio il giovane, in cui lo storico descrive dettagliatamente il rapporto paesistico e le "amoenitates locorum della villa Laurentina e della Toscana, permisero a studiosi ed artisti di formarsi un’idea precisa e compiuta dell’inserimento ambientale e degli effetti scenografici delle antiche residenze di campagna e di riportare in auge, nel giardino rinascimentale, gli elementi e le numerose soluzioni del repertorio formale romano: le statue, i sedili marmorei, le grotte, i pergolati, i giochi d’acqua, i ninfei e l’artificiosa modellatura delle essenze sempreverdi, secondo l’ars topiaria.
Nel giardino Rinascimentale, sistema ordinato sostitutivo del disordine circostante, andò sempre più concretizzandosi, dalla fine del ‘400 in avanti, il programma di nobilitazione estetica dell’agricoltura, ma venne soprattutto aulicamente celebrata la vittoria umana sulle forze avverse della natura, il predominio della Ragione sugli eventi naturali che aveva reso possibile la bonifica ed il dissodamento di vasti territori.
Nella unitaria strutturazione architettonica del giardino, i terrazzamenti del terreno, i bacini, le fontane, le catene d’acqua, i complessi giochi idrici, i labirinti, le pergole, la geometria degli elementi, sia lapidei che vegetali, rappresentano simbolicamente le varie operazioni umane di pianificazione del territorio; le rocce, le grotte artificiali, gli automi, esprimono l’abilità dell’artista nel superare la natura, nel suscitare meraviglia tra i visitatori.
A partire dalla fine del sec.XV cominciano le prime e più significative importazioni di specie botaniche provenienti da climi diversi.
Queste novità hanno uno scopo decorativo e nello stesso tempo rappresentano il paese di origine. La diffusione avviene grazie ai vivaci scambi tra botanici, appassionati giardinieri, viaggiatori.
Nei trattati del periodo ritroviamo vari consigli per l’impianto del giardino:
piante di cedro, garofano, maggiorana, basilico e altre piante aromatiche sono indicate come da vaso.
Per dividere i vari settori del giardino si impiantano piccole siepi di: timo, issopo, nepitella, origano, rosmarino, salvia ecc.
Il selvatico è lo spazio destinato ad alberi e piantagioni sterili, nel quale si possono trovare: pini, abeti, larici cipressi, ginepri.
I giardini segreti hanno le aiuole bordate con assenzio.
Sui muri si fanno crescere i capperi; si creano spalliere di gelsomino; nelle aiuole si piantano giaggioli, garofani, gigli, anemoni, viole ecc.
Per la rappresentazione topiaria viene indicato il bosso, il tasso, il carpino, ecc.
I muri presentano spesso delle nicchie che contengono piante di arancio, limone e alloro.
Una zona del giardino può essere piantumata con alberi da frutto allevati bassi.
In conclusione, si deve sottolineare che le caratteristiche del giardino rinascimentale hanno raggiunto, nell’arco di un secolo e mezzo, un tale grado di organicità, raffinatezza e fama - per la forza delle sue soluzioni formali e funzionali, definite e codificate non solo da farle sopravvivere, ma da renderle attuali per un periodo di vari secoli a seguire.

GIARDINO DELLA SCIENZA

In un arco di tempo che va dalla metà del XVI alla fine del XVII sec., nell’Europa occidentale si sono realizzati gli esempi più cospicui e chiari di giardino della scienza. Comunque, anche molto prima di questo periodo - e certamente dopo, fino ai giorni nostri - sono stati creati giardini ed orti per collezionare le essenze arboree più rare e inusuali, oppure con intenti di studio, di sviluppo delle conoscenze botaniche e farmacologiche.
Questo tipo di attività si è specializzata durante il medioevo ed ha trovato sede nelle strutture deputate alla conservazione e allo sviluppo della cultura del tempo: i monasteri, dove si sono coltivate le piante officinali, da utilizzare per la cura delle malattie.
In seguito i giardini della scienza o orti botanici o giardini dei semplici si sono sviluppati in molte città italiane, parallelamente alla formazione dei cosiddetti giardini di piacere di epoca rinascimentale e manieristica.
La loro condizione originaria di luogo di studio e le esigenze della cura di molteplici specie botaniche, con le conseguenti necessità di classificazione, hanno imposto la realizzazione di spazi di coltivazione di dimensione ridotta e aiuole senza particolari finezze di carattere estetico: sono state quindi abbandonate le forme poligonali delle aree coltivate a vantaggio di più semplici pulvilli rettangolari.
Sono state eliminate anche statue, fontane, giuochi d’acqua, labirinti e altri manufatti oggetto di mirabilia e di artificio.
Il risultato di questo processo di semplificazione ha condotto a: una giacitura perfettamente pianeggiante dell’area dell’orto botanico;
una planimetria quasi sempre di forma quadrata o rettangolare;
suddivisioni interne solitamente quadripartite da semplici viali di accesso, orientati secondo i punti cardinali;
la presenza frequente, all’incrocio degli assi viari, di un pozzo per l’acqua ad uso formale e funzionale che si riallaccia alle forme del giardino monastico.

Per gli esemplari botanici particolarmente sensibili alle variazioni climatiche, per le piante importate da nuovi mondi o dalle zone tropicali vengono realizzate, a corredo degli orti, anche delle serre calde e fredde e per le piante acquatiche delle vasche o stagni.

GIARDINO FRANCESE

CLASSICO A CANALI D’ACQUA

All’inizio del secolo XIV le forme costruttive e i caratteri costruttive legati al gotico dominano ancora l’edilizia religiosa e civile di Francia, i modelli costruttivi tradizionali cominciano ad evolversi, per effetto delle forme del classicismo italiano.
Questo rinnovamento viene introdotto da un gruppo di artisti al seguito di Carlo VIII nel castello di Amboise.
CLASSICO A CANALI D’ACQUA
All’inizio del secolo XIV le forme costruttive e i caratteri costruttive legati al gotico dominano ancora l’edilizia religiosa e civile di Francia, i modelli costruttivi tradizionali cominciano ad evolversi, per effetto delle forme del classicismo italiano.
Questo rinnovamento viene introdotto da un gruppo di artisti al seguito di Carlo VIII nel castello di Amboise.
Il giardino del Castello reale di Amboise
Lo stile classico rinascimentale fu introdotto inizialmente da quegli artefici portati al seguito del re di Francia i quali operarono per quasi trenta anni, cercando di innestare i nuovi modelli del giardino rinascimentale sulle strutture preesistenti dei castelli monumentali isolati nel paesaggio agricolo, residenze del re e della nobiltà. Ancora gradatamente, nel corso del sec. XVI, i semplici giardini gotici con aiuole rettangolari e vasche subirono la costante infiltrazione degli influssi del gusto rinascimentale italiano, con un uso crescente di parterres, fontane, manufatti e ornamenti in pietra. Artisti italiani furono chiamati a fornire i nuovi disegni e le opere per la trasformazione dei giardini dei castelli di Blois, Amboise; sistemarono ancora i giardini Beauregard, Ecouen, Chantilly, Fontainebleu: questi cinti da chiuse murate, riproposero al loro interno gli elementi e le relazioni caratteristiche del giardino italiano ma, pur collegati da gallerie e passaggi coperti o pergolati, non si fusero con le costruzioni cui afferivano e rimasero, in effetti, delle parti aggiunte.
La presenza dell’acqua in prossimità del castello, indusse a scavare dei canali lungo i viali alberati e in mezzo ai parterres, che costituiscono un primo esempio dell’uso dell’acqua integrata al sistema degli spazi a verde.
Dal punto di vista funzionale inizialmente si ha l’unione del giardino utile a quello di piacere: questa sistemazione permane fino al momento in cui i castelli si dotano di vasti parterres dal nuovo disegno.
Dal punto di vista geomorfologico il territorio della Francia differisce da quello dell’Italia centrale, dove il modello di giardino rinascimentale aveva raggiunto la sua - configurazione più matura per le seguenti condizioni di base:
- il paesaggio francese è caratterizzato da spazi più ampi;
- i rilievi collinari sono più dolci;
- vi è grande abbondanza di acque di fiumi e canali;
- soprattutto vi è la presenza di estesi boschi.
Non stupisce, quindi, che i primi risultati di questo innesto culturale fossero ben lontani, dai modelli italiani a cui si rifacevano: gli elementi sintattici del giardino rinascimentale non si fusero, cioè, con le preesistenti costruzioni fino alla metà del Cinquecento, quando le forme classiche importate cominciarono ad armonizzarsi con gli altri aspetti propri della tradizione locale, che possono essere così sintetizzati:
La spinta ad un ampliamento dimensionale della composizione di verde, che assumono un carattere quasi paesistico; i giardini sono impostati secondo un asse centrale che lega anche i manufatti e le abitazioni, sul quale si intersecano in modo organico gli assi ortogonali che delimitano la varie terrazze e gli accessi, le rampe e le scale secondarie;
L’accentuazione degli aspetti rappresentativi e di sontuosità delle composizioni.
Il giardino non è più un luogo appartato, estensione all’aperto degli spazi di vita del palazzo o del castello, in cui ritirarsi a riposare o meditare; si configura, invece, come un luogo sontuoso in cui ostentare aspetti, modelli ed atteggiamenti della vita di corte, attraverso le raffinatezze di giardinieri e idraulici, che nel frattempo hanno costruito delle vere e proprie dinastie, nasce in questo modo una categoria professionale nuova, che potremo definire degli architetti paesaggisti, gli amenageurs, tra cui spicca André Le Nostre.
Sarà proprio per il suo contributo particolare che alla metà del sec, XVII si saldano in una esperienza unitaria gli elementi legati all’apparato iconografico del giardino italiano e quelli derivanti dalla tradizione francese, producendo però un risultato completamente nuovo che ben si adatta alle esigenze di grandiosità dell’assolutismo monarchico: a questo fine i singoli temi ambientali e decorativi sono reinterpretati e riadattati a imponenti interventi di organizzazione paesaggistica di residenza e parco, come si può vedere dapprima a Vaux-le-Vicomte e successivamente a Versailles.
Il giardino e il parco francese classico a canali d’acqua nella seconda metà del secolo XVII si caratterizzano per i seguenti indirizzi:
a. terreno sostanzialmente in piano o con lievissime ondulazioni verso la periferia: i passaggi tra le varie terrazze sono ritmati da scalinate fontane, ninfei statue, balaustrate, ecc. già viste nelle sistemazioni del giardino rinascimentale;
b. il giardino viene ritagliato all’interno di una zona boscata che ne delimita i contorni principali; lo spazio del giardino e delle vasche d’acqua è delimitato dalle pareti verdi del bosco che sta intorno.
c. Forte accentuazione dell’asse longitudinale da cui dipartono gli assi trasversali o a raggiera che affondano nel bosco, a loro volta visivamente incentrati su qualche manufatto, scultura o fontana; l’asse longitudinale del giardino domina tutta la composizione e deve avere un punto culminante oltre il quale l’occhio può spaziare verso l’orizzonte;
d. Grande importanza attribuita agli ampi bacini di acqua ferma; questi e canali concorrono ad accentuare l'impressione di vastità delle superfici sia attraverso l'effetto riflettente sia attraverso l'evaporazione naturale dell'acqua che contribuisce a dare particolari effetti di prospettiva aerea;
e. Viali e piazze amplissimi, fatti per essere popolati da una grande quantità di persone;
f. Uso dei parterres e delle broderies per sottolineare, dal punto di vista decorativo, qualche angolo del giardino; i parterres e le broderies( letteralmente trine, merletti) sono realizzati con largo uso di fiori e di specie vegetali colorate anziché con sempreverdi: questo modo di operare conferisce al giardino un aspetto molto più vivace ed allegro;
g. Pianta aperta degli edifici destinati alle residenze; generalmente intorno all’edificio del palazzo o del castello viene lasciato un ampio spazio pianeggiante;
h. Si ribalta il rapporto tra zone edificate e parti a verde; le zone del giardino e del parco prendono il sopravvento su tutto e gli edifici sono realizzati in funzione della sistemazione paesistica;
i. Dal punto di vista più strettamente botanico, si deve sottolineare che il parco si viene a trovare all’interno di un bosco dove generalmente predominano piante di conifere: pino silvestre larice, ma anche piante di quercia, carpino, faggio, castagno.
L’esigenza è dunque quella di creare un contrasto a tali piante a fogliame verde scuro, con l’introduzione di piante dal portamento espanso e fogliame più chiaro, in modo da accentuare la profondità delle zone boschive.

GIARDINO INGLESE

Indubbiamente la nascita del "Giardino all’Inglese", è databile al XVIII secolo.
Ma diversamente dai famosi giardini francesi di Le Notre, che segnano
una tradizione progressiva, il Giardino Inglese si presenta come concetto completamente nuovo e di rottura.
Questa "rivoluzione" fu enormemente influenzata da scrittori, pittori paesaggisti e filosofi, il cui istinto e ardente desiderio era di creare un forte legame con la natura.
Sostenuta dall’ostinato individualismo, tipicamente inglese, che disapprova gli eccessi di ordine e formalismo, l’idea di cooperare con la natura anziché forzarla in modo anomalo, non appare poi così illogica.
Il tipo di giardino sviluppato dalla scuola inglese non solo teneva conto della collaborazione della natura, ma vi faceva inoltre preciso assegnamento.
E così il disegno non si concludeva nella sua esecuzione, ma si evolveva lentamente verso una particolare compiutezza.
La terra e il clima si adattavano perfettamente: la piccola scala del paesaggio con le sue ondulazioni morbide, i boschetti, la bellissima trama, il colore dei prati, il cambiamento delle stagioni, la varietà della luce.
L’acqua, per esempio, che in Italia cattura i raggi del sole contro ombre nere, in Inghilterra si dissolve lentamente nella foschia e nei boschi in modo misterioso.
Gli elementi del giardino erano l’andamento del terreno, l’acqua, gli alberi e l’architettura, sistemati con il massimo del rispetto per la composizione pittorica.
I giardini formali furono spazzati via, le curve del terreno furono modificate creando colline e scavando valli: vennero abbandonati i sentieri e i viali rettilinei, mentre i canali formali venivano trasformati in laghi maestosi e serpentini.
Il pioniere del nuovo movimento fu l’architetto e pittore William Kent, il quale disegnava i suoi paesaggi ideali e romantici impiegando alberi, movimenti del terreno acqua.
All’interno di questi paesaggi venivano opportunamente posizionati templi e ponti.
Il paesaggio, nella concezione classica, era visto solo nella sua staticità; la scuola paesistica inglese, associa questa concezione a quella del movimento, in modo che le diverse visuali possano essere godute in successione e con continuità, considerando il viale come componente del quadro paesistico che come mezzo di visuale in movimento.

GIARDINO CINESE

Formatosi in un lungo periodo di evoluzione culturale, il giardino cinese riflette, nel suo impianto come negli elementi di cui è composto, la predilezione del popolo cinese per la bellezza della natura incontaminata.
Mentre nella cultura europea e più in generale in occidente, il legame tra esperienze pittoriche e composizione paesista dei giardini si realizza prevalentemente intorno al XVIII sec., nella cultura cinese questo legame è sancito fin dall’inizio e i giardini sono stati in gran parte progettati da poeti e da pittori che tendono a realizzare degli ambienti naturali, capaci di esprimere una particolare "atmosfera" fisica, emotiva, di comportamento e culturale in genere.
Quello cinese è considerato come uno dei tipi di giardino tra i più estrosi e complessi e si caratterizza per la ricerca di forme libere e per la continua presenza di inattesi mutamenti di scena, di visuale, di sensazioni olfattive ed emotive.
I suggerimenti ed i riferimenti a cui la composizione di un giardino di questo tipo attinge possono essere ritrovati:
nelle soluzioni estetiche legate alle caratteristiche stilistiche e compositive dell’architettura dei manufatti inseriti;
nelle ricerche di carattere pittorico per la composizione di colore e forme;
nella letteratura, nella poesia e nel teatro;
nei contributi estetici della calligrafia;
negli effetti di carattere volumetrico e nelle soluzioni scultoree.

Gli elementi più ricorrenti ed espressivi della morfologia del giardino sono almeno due: le colline artificiali di terra e rocce e la presenza dell’acqua in forma di laghi, le cui sponde sono organizzate in modo da avere un aspetto perfettamente naturale.
Il tutto si situa normalmente in una zona pianeggiante nella quale si cerca un "paesaggio in miniatura", prendendo spunto dalle insolite formazioni rocciose del terreno cinese, che offrono un ampio quadro di suggerimenti, ma cercando di ridurre la "vastità della natura", al fine di poterla maggiormente comprendere ed apprezzare attraverso l’arte che la riproduce e la sublima.
A questo si aggiungono i manufatti di corredo e arredo e le architetture che vengono a far parte della composizione del paesaggio e non viceversa: questi manufatti sono utilizzati, cioè, come punti focali privilegiati dai quali può essere ammirata la composizione del giardino.

GIARDINO GIAPPONESE

Esistono numerose testimonianze riguardanti l’antichità della tradizione architettonica dei giardini giapponesi riconosciuti come un fatto artistico ben definito e come tale legato a norme tecniche e principi espressivi che sono andati mutando nel corso della storia.
Il giardino deve esprimere lo spirito di una tecnica che trova origine nell’attenta analisi dell’ambiente naturale quale fonte di ispirazione creativa; ci si doveva recare in varie località famose per il loro paesaggio prima di accingersi alla progettazione di un giardino che dovrà esprimere, sebbene modificata, la bellezza sperimentata in natura.
Molti giardini giapponesi contengono nell’elemento strutturale roccioso, solido, e persistente, il fondamento della loro composizione. In generale, il Giapponese, poco incline alla regolarità e alla simmetria, preferisce delle pietre che abbiano aspetto, forma e colore naturali quindi non levigate artificialmente, ma lavorate solo dai segni del tempo, dall’erosione dell’acqua e del vento o in parte coperte di muschio che ne aumenti la patina dell’età e il valore decorativo. Per questo si devono scartare le pietre troppo regolari, quadrate o sferiche, o dai colori intensi.
Nel giardino ciascuna pietra ha sempre una funzione ben precisa: può servire a riprodurre realisticamente una tartaruga, un airone o una nave, secondo i miti cari alla tradizione, può venire impiegata per costruire paesaggi in miniatura in cui si rappresentano monti veri o immaginari, una cascata una spiaggia, un impetuoso corso d’acqua. Raramente le pietre vengono usate in modo isolato, ma di solito compaiono in gruppi dove il singolo componente non può essere omesso o rimosso senza distruggere l’armonia dell’intera creazione.
Il complesso roccioso deve garantire una sensazione di stabilità, ottenuta conficcando saldamente e profondamente ogni pietra nel terreno, nel rispetto del suo baricentro e del lato da mostrare, di armonia, nei rapporti reciproci fra le pietre e con l’ambiente circostante, e infine di varietà, grazie alle linee naturali irripetute e combinate in prospettive mutevoli. Seguendo questi parametri compositivi si imbriglia la forza minerale guidandola lungo una direzione prescelta e si spinge ciascuna pietra ad esprimere pienamente la propria tensione e potenza.
Quasi tutti i giardini più antichi erano costituiti da un grande lago navigabile. Il "giardino-isola" era, infatti, una autentica espressione del tipico paesaggio costiero orientale.
Nei secoli seguenti il lago, senza perdere la sua importanza compositiva fondamentale, rimpicciolisce progressivamente fino a raggiungere, talvolta, anche le dimensioni di uno stagno molto ridotto.
Con l’avvento della filosofia Zen il lago scompare nella sua realtà fisica, ma rimane simboleggiato dalla sabbia il cui curato disegno allude al movimento dell’acqua.
L’isola è una delle componenti classiche del giardino giapponese. Con il nome "giardino-isola" era solito chiamarsi un tipo particolare di giardino di epoca antica che veniva costruito con l’intenzione di riprodurre in miniatura un autentico paesaggio marino. L’acqua aveva anticamente un preciso significato religioso: i laghetti della venerazione scintoista avevano parecchie isole ognuna delle quali serviva per venerare una divinità. Anche nel "giardino-paradiso" la disposizione delle isole prevedeva che il padiglione principale contenente la divinità, il Budda Amida, venisse eretto sull’isola più grande in posizione centrale raggiungibile con ponti.
Questo processo di miniaturizzazione, propone forme simboliche quali la tartaruga o l’airone, indicanti rispettivamente longevità e benessere. Molto spesso sulle isole prevalentemente rocciose in forma di tartaruga. Il tipico paesaggio costiero viene riprodotto nell’associazione con esemplari di pino, simbolo di costanza e forza.
Le isole rimangono come elemento compositivo anche con l’avvento delle tecniche Zen di costruzione del giardino secco dove l’acqua viene sostituita dalla sabbia e le isole sono realizzate con poche pietre di ridotta dimensione, singole o in gruppo numericamente limitato.
La cascata, come ogni altro elemento compositivo del giardino, deve integrarsi al paesaggio riprodotto senza dare alcuna impressione di artificiosità. Per questo vengono utilizzati schermi vegetali, composizioni di pietre che associno la cascata a reconditi luoghi di montagna, si inseriscono alberature dal fogliame colorato in autunno per favorire pregevoli effetti cromatici sull’acqua.
La pietra rimane comunque la componente costitutiva e indispensabile per la costruzione di una cascata forse più della stessa acqua che viene invece contenuta nel volume e nella portata, anche per ovvi problemi di manutenzione.
La riprova della non necessità, a volte, dell’elemento acqua, si trova nelle realizzazioni aride del giardino Zen dove l’impostazione e la particolare forma delle pietre usate sono sufficienti a suggerire l’immagine e il carattere della cascata.
Le vaschette di pietra vennero introdotte nella tradizione del giardino del tè diventando così elementi irrinunciabili e caratteristici del suo arredo. Ne esistono di due tipi principali. Il primo tipo è la vaschetta chiamata Chotsubachi di maggiore altezza, dimensione e semplicità che serve esclusivamente per lavarsi le mani e viene posta per lo più in adiacenza all’edificio dal quale può essere utilizzata.
L’altro tipo detto Tsukubai, usato prima di accedere alla cerimonia del tè, è formato oltre che dalla vaschetta vera e propria, da un raggruppamento di rocce funzionale ad appoggiare la lanterna e il mestolo di bambù e a potersi inginocchiare.
L’uso della pavimentazione in pietra risale al XVI secolo ovvero alla nascita del giardino del tè ed alla necessità di permettere un comodo passaggio a quanti venivano invitati per la cerimonia, evitando di rovinare le delicate superfici a muschio del giardino e di bagnarsi i piedi. Le pavimentazioni devono essere al tempo stesso funzionali e decorative. L’uso della pietra non deve comunque mai dare l’impressione di monotonia, regolarità e simmetria pur garantendo sempre l’aspetto funzionale. Suggestiva è l’abitudine di bagnare ,all’arrivo degli ospiti, le superfici dei percorsi in pietra sia per tenerle perfettamente pulite sia per trasmettere una patina di sottile freschezza al giardino.
Muri e recinzioni sono elementi architettonici di grande importanza nel giardino giapponese caratterizzato da una composizione perfettamente studiata, nella maggior parte dei casi, in spazi di limitate estensioni. Essi infatti rappresentano la necessaria cornice entro la quale il giardino racchiude i riferimenti e le principali prospettive quasi come quinte teatrali di una accurata scenografia.
Queste delimitazioni possono essere realizzate in vario modo, frequentemente anche solo con l’uso di materiale vegetale in forma di siepi geometriche potate, ma il più delle volte, oltre al muro classico tipico dell’architettura giapponese, esse vengono realizzate usando in svariatissimi sistemi il bambù.
L’uso del ponte risale senz’altro ai più antichi giardini con la presenza di acqua. I ponti di quell’epoca venivano realizzati prevalentemente in legno, o legno e terra, nella tipica forma curva d’influenza cinese, spesso laccati in rosso, soprattutto utili per superare corsi d’acqua di notevole larghezza. Dove ci siano più ponti nello stesso giardino, questi devono essere di forma sempre diverse, mai ripetendosi e di aspetto armonioso. Nel caso in cui il corso d’acqua abbia una limitata profondità, il ponte viene realizzato con grosse pietre adeguatamente giustapposte sul fondale a distanza di passo per consentire un agevole e divertente guado.
L’uso della lanterna in pietra nel giardino giapponese si rifà risalire soprattutto nei giardini del tè nei quali ogni elemento anche artificiali doveva concorrere a rispettare l’eleganza e la fedeltà alla natura. La presenza della lanterna, fino ad allora elemento della dedizione religiosa dei templi, fu in primo luogo motivata da esigenze funzionali e, in seguito, quasi esclusivamente da motivi di composizione e decorazione del giardino.
La sabbia fu introdotta nel giardino giapponese in origine esclusivamente per motivi funzionali, specialmente nelle pavimentazioni dei sentieri onde evitare di infangarsi i piedi. Nelle creazioni secche Zen, l’aspetto estetico si sovrappone a quello solo funzionale. Infatti nella filosofia Zen il "mare" di sabbia, ideale trasposizione dell’eternità, è l’elemento principale del giardino secco che , come simbolo della vita meditativa, si contrappone a quello roccioso, simbolo della vita terrena e materiale.
La tecnica Zen miniaturizza il moto ondoso dei fiumi e dei mari utilizzando le superfici minerali che, in alcuni casi con un voluto significato meditativo, raggiungono una maggiore preponderanza annullando ogni altro elemento compositivo.
L’elemento vegetale pur essendo rivestito di un forte significato simbolico non è mai prevalente rispetto agli altri elementi costitutivi del giardino, ma insieme a questi, si integra per raggiungere la pienezza e l’armonia nella composizione.
Nella storia del giardino giapponese questa armonia compositiva a volte si è ottenuta anche senza l’apporto fisico dell’elemento vegetale che, come nei giardini Zen, è stato sovente soltanto evocato nella sua essenza dalla presenza di muschi o licheni sulle rocce adagiate nella sabbia oppure del tutto tralasciato, affidando al solo elemento minerale il compito di suscitare immagini o sensazioni.
Gli alberi e gli arbusti costituiscono sempre un insieme armonico dove una specie non prevale mai sull’altra anche se ad ognuna di esse sono state riservate cure particolari che ne hanno strutturato e scolpito la forma definitiva.
Guardando l’insieme di una massa vegetale in un giardino in Giappone si è colpiti dalla sua particolare tessitura che, quasi accentuazione di un fenomeno naturale, appare stratificata in diversi livelli orizzontali sospesi con leggerezza gli uni sugli altri.
Quest’effetto è il risultato di lunghe e complicate cure orticole riservate ad ogni componente la massa verde e conseguenti una tipica ideologia per la quale le forme della natura possono e devono essere costrette dalla mano del uomo per raggiungere la perfezione della loro espressività.
Il concetto di controllo della natura da parte dell’uomo è fondamentale in un giardino giapponese dove l’intervento artificiale sulla forma e sulla crescita di ogni pianta non è visto come effetto della padronanza del giardiniere sulla natura, ma piuttosto come una sua cooperazione al raggiungimento della perfezione della forma insita in ogni elemento naturale.
La mano dell’uomo modifica la forma dell’albero già quando esso è piccolo per continuare poi sempre per tutta la durata della sua vita nel giardino, attraverso precise tecniche tramandate nei secoli, essenzialmente raggruppabili in interventi di potatura e legatura. Con la potatura si asseconda artificialmente la naturale forma dei rami e della massa fogliare mantenendola inalterata con il trascorrere del tempo, mentre, precedentemente, con la legatura del tronco e delle branche principali si costruisce l’architettura portante della pianta.

PARCHI PUBBLICI

Il tema del parco pubblico emerge nel dibattito della prima metà dell’Ottocento sollecitato dagli aspetti degenerativi della crescita urbana sul piano sociale e sanitario: è questa, infatti, una delle realizzazioni concrete in cui si estrinseca il riformismo moderato nei confronti del controllo sociale.
In Inghilterra, lo sviluppo di questa peculiare attenzione verso la cultura del verde pubblico produce dei risultati che avranno il valore di modelli di riferimento per le analoghe esperienze europee in tutto l’arco di tempo che va dalla fine del XVIII alla metà del XIX sec.
Per meglio comprendere la costruzione degli "spazi verdi" di uso pubblico, per la riorganizzazione del tessuto urbano e della sua espansione oltre le mura è opportuno risalire alle radici cui appartiene ad esempio il modo di intendere il rinnovamento degli spazi aperti per la collettività, di realizzare le aree verdi nel tessuto urbano; è necessario rifarsi, cioè, a quelle città o a quei luoghi in cui tali realizzazioni o proposte sono avvenute.
Il parco pubblico o lo "square" alberato della città inglese ottocentesca, possono essere intesi, ad esempio, come simbolo del rinnovamento urbano e sociale, e come modello di una svolta nella destinazione degli spazi verdi: da giardino privato a servizio collettivo.
Così le ampie e rettilinee passeggiate alberate, elemento caratterizzante della città francese ottocentesca, evidenziano una nuova maturità urbanistica.
Lo stesso si può dire dei "quais", tracciati lungo i fiumi, e dei "boulevards", ricavati dall’abbattimento delle mura, che trasformati in passeggiate alberate, in anelli di congiunzione tra la città vecchia e la nuova espansione, trasformarono l’aspetto e la struttura funzionale di numerose città francesi e tedesche.

L’ORIGINE DEL PARCO URBANO E DEL PARCO NATURALE.
IL CONTIBUTO DI FREDERICK L. OLMSTED
Il parco come intervento pubblico in una grande città industriale, la natura come non più valore solo trascendente ma come supporto allo sviluppo della città, città e natura alleate in una prospettiva di riforme istituzionali illuminate.
E’ questo, nella società americana che si avvicina alla metà del secolo, un problema estremamente sentito e dibattuto dagli intellettuali del tempo perché imposto dalle rapide trasformazioni sociali e dai fenomeni di veloce urbanizzazione, dal passaggio da una società di tipo agrario in cui i valori di democrazia si basavano sull’egualitarismo e la solidarietà, ad una di impronta industriale in cui l’ideologia democratica doveva riformarsi per adattarsi alla nuova realtà urbana.
L’idealismo agrario si trasforma in idealismo urbano, la città frutto della democrazia per essere la città di Dio deve essere fondata su istituzioni pubbliche e attrezzature di servizio collettivo, come parchi pubblici o centri di istruzione di massa, che mitighino o annullino le tensioni provocate dall’industrializzazione.
Obiettivi sociali divengono le riforme che rivestono finalità pedagogiche, il controllo e l’organizzazione della città attraverso opere di risanamento, di controllo dello sviluppo ambientale, o di miglioramenti igienici-sanitari.
Con la realizzazione di Central Park, Olmsted si farà portavoce ed espressione concreta di questo idealismo, riuscendo a far confluire nell’opera tutti i propri interessi e convincimenti personali.
In Central Park egli per la prima volta realizzerà compiutamente anche l’originaria intuizione, che il landescape design poteva essere interpretato come disciplina e filosofia che realizzasse una sintesi tra le competenze necessariamente settoriali di ingegneri civili, botanici e architetti, e per questo ottenesse risultati di migliore qualità formale e di maggiore funzionalità sociale.
La modernità di Olmsted sta nella rielaborazione, che già dimostrò in Central Park, di uno stile più naturalistico, nel significato diverso che egli attribuiva alla creazione di un ambiente naturale: non solo la natura nei suoi aspetti pastorali o in quelli pittoreschi, ma una equilibrata fusione di entrambi questi ideali estetici che tenga conto delle caratteristiche geologiche del terreno, delle naturali risorse botaniche del luogo, della funzione sociale e delle necessità tecniche e distributive.
Frederick Law Olmsted e Calvert Vaux, un architetto inglese suo associato, vincono, nel , il primo premio del concorso per la sistemazione del Central Park.
Il progetto denominato "Greensward", copre una area di 300 ettari.
I criteri che informano il disegno iniziano con la dichiarazione che il parco sarà circondato da un alto muro di mattoni, di pietra e marmo, per separarlo da tutti gli altri insediamenti che sono, o vorranno svilupparsi intorno.
L’attraversamento del parco da parte dei flussi di traffico di Manhattan che collegano tra loro le banchine delle due coste e che non devono interferire con il parco, è il più noto problema affrontato e risolto.
L’infossamento di tutte le arterie di attraversamento del Central Park, questo sistema permette di escludere il traffico dalla reale attività del parco, consentendo la reale appropriazione dell’ambiente da parte del visitatore.
Per garantire inoltre una effettiva separazione visiva, ai bordi della strada il terreno è innalzato per mezzo di terrapieni che sono, in genere, fittamente arborati. Anche per le strade interne al parco vengono adottati tracciati e livelli diversi, in funzione del loro uso: strade carrabili, sentieri per cavalcare e viottoli per camminare.

IL PARCO DELLE CITTA’ DI OGGI

Il modello consolidato di parco sembra, oggi basarsi essenzialmente sulla riproposizione di un ambiente "naturale" (evoluzione del modello americano) con la sovrapposizione in alcuni casi di direttrici monumentali alla francese (le grandi prospettive) o, più raramente, di effetti romantici di derivazione inglese.

I PARCHI URBANI ATTREZZATI

I parchi attrezzati per lo sport e il tempo libero sono vaste aree, nelle quali convivono le attività più diverse, tutte di carattere ludico e ricreativo, da svolgersi in un arco temporale di almeno mezza giornata. In essi si moltiplicano e si alternano le occasioni di movimento (corse, giochi con palla, sport, passeggiate ecc.), quelle di relax passate da soli (leggere, prendere il sole) o in piccoli gruppi (picnic, giochi con le carte ecc.) con quelle di osservazione e contemplazione della natura.
La loro strutturale varietà di contenuti, scopi, siti e ambienti fa si che non sia possibile individuare schemi progettuali di riferimento fissi né per quanto riguarda le dimensioni né per quanto attiene alle funzioni che in essi si svolgono. Per questo quando si affronta la progettazione di aree per lo sport e il tempo libero è necessario valutare attentamente le necessità presenti e future delle zone in cui il parco si inserisce.
In tal senso bisogna non solo tenere conto della quantità globale di abitanti da servire, ma anche della densità della loro distribuzione nel territorio, delle dimensioni dell’area di gravitazione, della morfologia degli insediamenti e della quantità di servizi in essi esistenti.
Come pure alcune valutazioni devono essere fatte in relazione alla composizione sociale ed economica degli utenti previsti; parametro, questo che influenzerà soprattutto la determinazione del tipo di attrezzature e la progettazione degli spazi ad essi connessi.

I PARCHI DI QUARTIERE

I parchi di quartiere costituiscono la struttura portante del verde attrezzato nella città. Al contrario dei parchi urbani, devono assolvere a funzioni ben precise e rispondere a dimensioni strettamente relazionate con la popolazione che su di essi gravita.
Sparisce il carattere eccezionale rispetto al quale ogni parco era legato ad un determinato intorno ambientale, come pure l’idea di creare una zona dove il singolo, il gruppo o la famiglia possa trascorrere molte ore di seguito, o addirittura una intera giornata all’aria aperta. Fondamentale diventa il concetto della creazione di una area che integri le residenze per le quote di vita collettiva da svolgere nel verde.
Il verde di quartiere va visto come la soddisfazione di un bisogno intrinseco della popolazione ed è legato alla diversificazione dell’età, delle categorie socio-economiche e delle condizioni degli alloggi. E’ chiaro che quanto più gli alloggi sono di dimensioni minime, di vecchio impianto o insoddisfacenti per le esigenze della vita moderna, tanto più la richiesta di "complementi" esterni ad essi sarà elevata.
L’evasione da una abitazione scomoda e fatiscente dovrà essere relazionata alla individuazione di spazi esterni collettivi dove sia possibile trovare spazi "individuali" gradevoli e luoghi d’incontro per piccoli gruppi. Così come residenze(cottages, villette,ecc.) con i giardini privati dovranno essere rapportati a spazi che favoriscano l’incontro di gruppi numerosi in modo da forzare gli abitanti ad uscire dall’isolamento e a dare un senso collettivo alla richiesta di tempo libero.
Importante è in ogni caso la relazione fra età, bisogni ed attrezzature, che è quasi del tutto indipendente dal contesto urbanistico in cui si colloca.


I GIARDINI PUBBLICI

Il verde nel quartiere, come abbiamo già avuto modo di dire, presenta la sua massima articolazione di forme, dimensioni e specializzazioni. Fra queste non è possibile sottovalutare quella che possiamo definire del "giardino pubblico", che pur avendo dimensioni ridotte (spesso minime), ha una diffusione notevole all’interno della città costruita, ed ha avuto una evoluzione negli ultimi 40 anni che riflette il diverso interesse che la società ha posto nei confronti del verde pubblico.
In un contesto urbano sono apprezzati gli elementi funzionali in legno per il loro aspeto naturale.
La funzione del giardino pubblico nella città contemporanea è completamente mutato: da elemento di esaltazione di qualche funzione pubblica, o comunque di decoro urbano, si è trasformato in uno spazio di raccolta, nel quale trovare quiete e relax all’interno delle città sempre più congestionate.
Ci si trova così di fronte a piccole aree verdi strette fra edifici, arredate con alberi, panchine e fontane, nelle quali si può leggere, chiacchierare o mangiare un panino.
Il loro significato, ovviamente, non è nella singola realizzazione, ma nel contributo che ognuna di esse dà al complesso del patrimonio del verde della città.

GRANDI GIARDINI ITALIANI

IL GIARDINO STORICO

Possiamo affermare, in maniera molto semplice, che un giardino è una architettura complessa, costruita attraverso la composizione congiunta di manufatti inanimati variamente configurati, di un sito, anch’esso sovente adeguatamente trasformato, e di individualità vegetali convenientemente scelte ed, ovviamente, dotate di vita.
Questa presenza dell’elemento vivente come uno dei fondamenti della composizione rende il giardino un’opera d’arte effimera; non quanto lo sia, ad esempio, un balletto, ma tuttavia ineluttabilmente legata ad un interiore ordine cronologico che definisce e regola la nascita, il crescere, e la morte delle piante.
E quindi i giardini storici così come li videro i loro ideatori, i committenti o fruitori, viaggiatori o cronisti non esistono più, anche quando il sito è rimasto inalterato ed il complesso del giardino sopravvive. Le piante presenti in quei giardini si sono già da lungo tempo disseccate e quelle poche che sopravvivono, secolari, hanno una immagine ed un ruolo che certo non ebbero in passato.
Il "giardino storico" attuale, dunque, può essere considerato una sorta di "epifania" di un giardino che, in un determinato passato fu ideato e realizzato, epifania che ha attraversato i secoli, che è sopravvissuta o è stata variamente conformata attraverso tutte le successive sostituzioni vegetali avvenute e che hanno via via rimpiazzato le essenze morte.
La conservazione ed il restauro di un giardino storico non possono pertanto che essere rivolti all’obiettivo della conservazione o del rinvigorimento di quella sovrapposizione di "epifanie" storiche, attraverso l’operato su una materia vegetale che di quella storicità ha sovente assai poco.
Il termine "giardino storico", nell'accezione che esso assume attualmente, indica non soltanto l'esistenza e la stratificazione di elementi vegetali esteticamente significativi. Riguarda altresi i termini di conservazione di restauro e il loro significato nel tempo. Il giardino storico è una testimonianza culturale complessa di interessi estetici, scientifici e tecnologici che, nel corso della vita del giardino, hanno contribuito alla sua creazione ed alle sue manutenzioni-modificazioni.
L’intervento sul giardino presuppone allora prima di tutto il riconoscimento del valore di quella testimonianza e del modo in cui ci è giunta; di quella che insomma, abbiamo chiamato "epifania" del giardino storico, nelle sue componenti e nei momenti che l’hanno determinato. E successivamente presuppone la cura, la manutenzione del veicolo primo di questa immagine, la componente vegetale, in maniera tale da non alterare questa "epifania", ma piuttosto di continuare, nell’avvicendarsi dei singoli individui vegetali, a tramandare quel messaggio di cultura.
La conservazione di un giardino storico si basa sulla comprensione di quell’ambiente come prodotto culturale. Conservare un giardino storico è tutelare la permanenza di messaggi culturali che il giardino ci ha trasmesso, pur nelle modificazioni materiche e formali intervenute, dando la priorità, nell’opera di conservazione, proprio alla trasmissione di questi messaggi.
Il giardino storico ci appare oggi il frutto di successive composizioni e ricostruzioni di un complesso dinamico, dove acque calcaree, vandalismi umani, intemperie climatiche da un lato e soprattutto la incontenibile vitalità della natura che tutto svelle, ottura, cancella dall’altro, hanno sempre insieme congiurato ad alterare, modificare, distruggere un assetto che progettisti e costruttori si sono sforzati, nel corso del tempo, di imporre al corpo vivente del giardino, in un continuo alternarsi di vittorie e sconfitte, avanzate e ritirate.
Il giardino è un’architettura complessa che oltre a manufatti architettonici inanimati, sito, piante, è, anche, rumori ed odori, luci e temperature, uccelli, pavoni, pecore, automi, macchine musicali.
Se al giardino storico è assegnato un valore in quanto "bene culturale", questo valore persiste sino a che il giardino mantiene le sue caratteristiche di documento culturale e per quanto vengono utilizzate tecniche a ciò consone. Quindi il ruolo che ai diversi tipi di verde è assegnato nella composizione non può essere stravolto nei rapporti e nella conformazione, mutato attraverso arbitrari abbellimenti floristici o arborei, degradato attraverso l’incuria, lasciato alll’abbandono e all'inselvatichimento.
Insomma il bene culturale giardino storico non è un verde urbano; non assume cioè il valore di bene soprattutto in quanto semplice area verde sita in città, ma come prodotto architettonico qualificato dagli interventi di ideazione e costruzione avvenuti in epoca storica. E proprio perché tale merita di essere conservato.
Le motivazioni per cui un giardino storico ha un trattamento qualitativamente differente da un edificio storico sono assegnabili a più cause.
La prima è afferente a quella generale: scarsa attenzione che questo paese dimostra verso gli argomenti che abbiano a che fare con la natura in genere.
Ma questo non ci sembra sufficiente. La ragione di fondo è forse ancor più generale: l’architettura del giardino è un’arte scomparsa e quindi la si comprende solo nell’interezza dei suoi significati. Ne consegue che con altrettanta difficoltà si riescono a valutare le sue tecniche costruttive complesse.
L’unico tipo di giardino sopravvissuto è, in fondo, il parco urbano pubblico che, gioverà ricordarlo, è solo una tipologia assai particolare e recente di giardino, e che desume sovente il suo ruolo più dalla assenza della città costruita, che da un intrinseco valore.
Nato da esigenze diverse del parco pubblico, il giardino storico non è quindi semplicemente uno spazio verde, non è mai stato un parco di quartiere, è assai più della somma di pur belle piante. E’ il risultato di abilità compositiva, ricerca di particolari, ricerca di particolari effetti, sperimentazione di modi diversi di accostamento, conformazione, nuova introduzione di elementi vegetali. Tutti risultati che richiedono tecniche precise, sia nel corso della progettazione e dell’impianto, che durante la sua successiva manutenzione nel tempo.

VILLA MARIGOLA (SP)

Proseguiamo la nostra passeggiata andando a visitare i giardini più importanti d’Italia e quelli più vicini a noi. Cominciamo con il giardino che si trova a Lerici:
VILLA MARIGOLA San Terenzo Lerici (La Spezia)
Villa Marigola si erge, seminascosta da un fitto bosco di lecci, sulla sommità di un breve promontorio che si protende nel mare a separare le due insenature di Lerici e di San Terenzo. Da lassù lo sguardo spazia a grand’angolo su una delle più belle vedute del Golfo dei Poeti.
La valenza paesaggistica è rafforzata dalla singolare bellezza del luogo stesso, alla quale concorrono la complessa orografia, il variegato manto vegetale, il profumo della macchia mediterranea esaltato dalla brezza marina.
Sono questi aspetti che conferiscono a Marigola la tipologia di "villa sul mare".
Il primo edificio fu costruito nella seconda metà del secolo XVIII dai marchesi Ollandini come casa di villeggiatura e si affacciava sulla grande terrazza che accoglieva all’uso ligure il "giardino degli agrumi". Tutto attorno il fondo agricolo scendeva con declivi coltivati a viti e olivi fino alla spiaggia e alla scogliera.
Nel corso dell’Ottocento con il diffondersi dei giardini all’inglese, una vasta superficie dell’area verde di Marigola fu trasformata nel parco romantico, percorso da sentieri che si intersecano e terminano improvvisamente in balconi e finestre naturali aperte. Con il voluto compiacimento dell’effetto sorpresa, sul castello di Lerici, sulla bastia di San Terenzo su Portovenere e le isole.
La fisionomia attuale della villa e del giardino risalgono al 1926. Sulla grande terrazza al posto del secolare giardino d’agrumi furono tracciate le sinuose geometrie del parterre all’italiana.
 
C

Constance Spry

Guest
Beh, ragazzi, che dire, questo è un desiderio che si avvera! Siete stati molto gentili entrambi, e vi ringrazio di averci messe a disposizione le vostre conoscenenze.
Siete stati due "draghi"!
Per ora, come potrete immaginare, ho solo registrato, perchè in particolare il post di Andrea è piuttosto lungo (Noor non ha tutti i torti, ma supergrazie di esserti fatto il popò per noi!).
Non so per gli altri,visto che sono stata io ad insistere, ma mi piacerebbe vederne molti altri di questi post sugli stili del giardino.
Ancora grazie!
 
C

<chicca>

Guest
Scusate se risulto non registrata, ma sono in studio.
Vi volevo ringraziare..a dire il vero ho letto pochissimo..ma ho stampato tutto! Lo sapete che sono 24 pagine :eek: ! Praticamente un libro..lo leggerò come tale!
Grazie ancora chicca
 
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