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quelli che..erano cuccioli negli anni '60

A

ambapa

Guest
Sono nata nel 1960, data tonda tonda, inizio di una nuova era...il boom economico, la cinquecento per tutti...la scolarizzazione di massa. La prima generazione che crede DAVVERO nel futuro, un futuro in cui possano essere superate per la prima volta le barriere sociali, in cui mai più si parlerà di fame e di guerra. Insomma un'epoca mitica dopo le carneficine prima e le fatiche della ricostruzione poi. I nostri genitori erano bambini durante i bombardamenti, l'occupazone, i passaggi di eserciti diversi. Di tutto ciò hanno ricordi a volte sfocati, a volte vividi come se fosse successo appena ieri. I nostri nonni sì che se la ricordavano bene e ce la raccontavano infinite volte. Storie di sofferenze, fame, atrocità, dolori inenarrabili ma anche di eroismi e solidarietà. Nei loro racconti si parlava di un'altra Italia. Per alcune zone geografiche sembrava di sentir parlare del medio-evo, una realtà senza tempo rimasta immutata per secoli, in cui niente ritornerà più come era, realtà travolte dagli eventi che improvvisamente si ritrovano nel XX secolo.
(continua)
 
A

ambapa

Guest
ambapa ha scritto:
Sono nata nel 1960, ...
(continua)
Campagne e paesi si spopolano, rimanere a fare i contadini non si può, BISOGNA tentare nuove strade. Si parte per la grande città, a volte tutti insieme e dovrà essere per sempre, a volte solo gli uomini perchè rimane l'illusione di poter ritornare. Si spezzano le reni nei cantieri, nelle fabbriche o nelle miniere, risparmiando tutto quello che possono per mandarlo alle mogli e ai figli rimasti giu' in paese. Le nuove case al paese iniziano e progrediscono poco a poco, lentamente, con i soldi risparmiati goccia a goccia. L'emigrante ogni volta che aggiunge un mattone sogna il suo ritorno da vincente...si immagina con la sua famiglia nella sua prima vera casa, dotata di tutte le comodità..quei "lussi" che finora ha visto solo nella case dei ricchi.
(continua)
 
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ambapa

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oh ragazzi/e degli anni '60...ma che mi fate fare tutto da sola?..vi avverto...è una minaccia ...potrei continuare per ore!
 

daria

Master Florello
Vai così Amba... ti raggiungo quando sei adolescente (intanto sistemo un paio di clienti rompini)...
 

boba74

Esperto di alberi ed arbusti
Io non faccio testo, ma mi ricorda molto i miei genitori....
Il primo televisore.... la prima lavatrice.... la prima automobile. Un epoca di grandi novità dove si faceva tutto per la prima volta, e non come ora, ripercorrendo le tappe della generazione precedente.
 
A

ambapa

Guest
daria ha scritto:
Vai così Amba... ti raggiungo quando sei adolescente (intanto sistemo un paio di clienti rompini)...
:lol::lol:...è ancora lunga la strada...sono appena nata! Continuo.

L'arrivo nella grande città...ma quanto è grande il mondo? Si dà un'occhiata in giro...maròò che palazzoni...ma come si fa a vivere lì dentro? E il sole, la luce...l'orticello? Vabbè ci adatteremo...cominciamo a scaricare il materasso và, sennò manco dormiamo stanotte!
E poi...la prima Lambretta, madonna che bello scorazzare per Roma la domenica...papà giovane giovane tutto fiero alla guida, mamma con capelli cotonati e tacchetti a spillo, seduta di traverso dietro...io in mezzo...accoccolata tra loro due. La radio con il giradischi incorporato sopra, la TELEVISIONEEE...in bianco e nero ma ...che lusso! E poi la mitica...la BIANCHINA familiare...station-wagon in miniatura! Favolosa..è andata avanti non si sa per quanti anni, tant'è che me la ricordo benissimo.
Babbo Natale era un personaggio di secondo piano, un'invenzione americana, la nostra preferita era la Befana...i regali, pochi, si trovavano la mattina del 6 gennaio. La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, col vestito alla romana, viva viva la Befana! Le prime bambole tecnologiche...prima la bambola che cammina e poi addirittura quella che parla! Ma vi rendete conto? E LATVDEIRAGAZZI? Ve la ricordate la sigletta con il girotondo di carta? E ZORRO? Ammappa quant'era bello con quei baffetti e quell'aria furbetta!
 
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ambapa

Guest
coccinella40 ha scritto:
Siiii che bei ricordi .....lontani....:eek:k07: Carosello!!!!!!!!!!!!!!! miticooooooooo:froggie_r

E che c'ho scritto Giò Condor?...Gigante pensaci tuuu...Le stelle sono tante, milioni di milioni...El Gringo della carne Montana...La Carmencita...l'omino Michelin...il pupazzetto Lagostina, quello della cerca e non la trova...e Calimero...grande!
 
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ambapa

Guest
Oh..prima di scavallare l'infanzia voglio anche i vostri di ricordi...altrimenti non schiodo...rischiamo di non arrivare mai al post '68 e alle prime occupazioni scolastiche. Per non parlare poi dei primi amori...qui ci perderemmo molto, siete avvertiti. Ormai, dall'avvento Dariesco in poi, la metodologia ufficiale è il racconto a più mani...quindi vi aspetto.
 

daria

Master Florello
omammamia mi piace assai!!!! Mi serve solo un pò di tempo, non ho tempo...chi ha tempo non perda tempo............ aiutoooooooo
 

Ornella.48

Maestro Giardinauta
cominciamo allora da qualche anno prima, dai cuccioli degli anni '50 ......

Alle elementari, uscendo da scuola (niente zainetto, ma cartella di cuoio ) ci fermavamo a casa di una compagna di classe per bere un bicchiere d'acqua. Sua zia ci dava il mestolo e si andava a bere al pozzo, in mezzo al cortile. Nel cortile ci stavano pure i gabinetti, alla turca e con la porta di legno che regolarmente chiudeva male. In alto c'era un'apertura, di solito a forma di cuore, un chiodo per appenderci i fogli di giornale tagliati in quattro e un disegno con un un triangolo e dentro un occhio, che diceva ''Dio ti vede''.
La maggior parte di noi probabilmente a questo disegno non ci faceva nemmeno caso, le più vispe avrebbero magari voluto chiedersi ''ma perchè Dio deve proprio star lì a guardare me che faccio la pipì?''
Ma siccome si andava a scuola in un collegio di suore, non avrebbero mai osato essere così irriverenti parlando di Dio e nemmeno chiedere a qualcuno cosa volesse dire, e così lasciavano in sospeso la domanda.
A scuola si andava tutti col grembiule (i maschi la blusa) e il fiocco.
Sulla strada per la scuola c'era una latteria, dove ogni tanto ci si fermava a comperare qualcosa (al massimo 10 lire), una bustina di farina di castagne, due caramelle. C'erano pure le bustine con le figurine degli attori, a me non so perchè (sempre stata un po' s.****ta) capitava sempre la figurina di Alan Ladd, che avevo saputo essere un attore, ma di cui non me ne fregava niente. Il brutto era che non era un attore fra i più gettonati, e quindi non riuscivo mai a fare cambio con nessuno.
A scuola e all'oratorio si andava ancora divisi, maschi da una parte e femmine dall'altra. E lo stesso in chiesa per la messa, gli uomini a destra e le donne a sinistra. Obbligatorio il velo, bianco per le ragazze e nero per le donne sposate.
Poi ci fu l'anno in cui vennero di moda i quaderni con la spirale. Fino a quando scrivevi sulla pagina destra andava tutto bene, ma quando giravi il foglio e ti toccava scrivere sulla pagina sinistra erano dolori.
La televisione l'avevano in pochi, al pomeriggio per i ragazzi i telefilm di Rintintin e Penna di Falco capo Cheyenne. E il Circolo dei Castori, con Febo Conti. Ma capitava di rado,
Per vedere il Musichiere si andava in casa del fortunato che l'aveva, che facendo il falegname recuperava un'asse dal laboratorio, la sistemava appoggiata a due sedie alle estremità e lì in prima fila ci piazzavamo tutti noi bambini.
Qualche anno dopo, per vedere l'Isola del Tesono, uno dei primi sceneggiati, andavo ad un bar-latteria, dove per un cartoccetto di magnesia effervescente da sciogliere in bocca si acquistava il diritto di vedere la tele. A me la magnesia mi ha sempre fatto un po' schifo, ma era la cosa che costava di meno.
D'estate si andava ogni tanto dal solito falegname, che aveva pure il frigorifero, gli si chiedeva per favore un po' di ghiaccio, lo si metteva dentro ad un asciugamano e lo si batteva col pestacarne, per fare la granita.
Sempre d'estate, quando era stagione, ma non sempre, io e mio fratello andavamo da un contadino che abitava lì vicino e da lui comperavamo le fragole appena raccolta, anzi qualche volta ci toccava raccogliere noi direttamente nel campo. Erano ancora calde, sapevano di sole.
Vacanze .....un paio di volte a Lavagna, dove c'erano dei parenti di mia nonna. Obbligatorio il costumino di lana con la pettorina .....
 

daria

Master Florello
Questo mio breve "racconto" mi sembra possa rispecchiare l'atmosfera di quegli anni, (a cavallo tra anni 60/70) uno spaccato di vita che mi privilegio condividere con Voi:)
e soprattutto era già scritto:D :)

La Zaz

La Teresa Panseri era un donnone di almeno centoventi chili, sempre accaldata e sudata, in stato di continua agitazione, si trascinava pesantemente dentro e fuori casa senza sosta, non conosceva pace. Il Carletto, suo marito, pur essendo di corporatura normale, risultava magro al suo confronto. Pallido, il viso lungo e sfilato che accentuava ancora di più il suo apparire sofferente ed emaciato.

Malinconico lo era di sicuro, la vita con la moglie non doveva essere semplice.
La Teresa, incattivita e logorata da quello che era diventato il suo aspetto fisico, non si mostrava molto affettuosa con il marito, ritenendolo in parte responsabile del suo stato.

La “balena urlante”, inveiva continuamente con il povero Carletto, tanto che nel quartiere era diventata famosa la risposta, sempre la stessa, del Panseri: “Vùsa pian Teresa!” (Urla piano Teresa).
Non ho mai conosciuto una donna tanto grassa, perennemente a dieta, si sottoponeva a mesi e mesi di cura dimagrante. Perdeva ogni volta quei sette, otto chili, che certo non la ripagavano degli sforzi fatti.
La situazione la innervosiva tanto che ad un certo punto, dopo aver sbraitato, e magari strapazzato un po’ il Carletto, si fiondava in cucina, dove, divorando tutto ciò che trovava, recuperava un minimo di buonumore.
Il Carletto poteva considerarsi al sicuro per qualche giorno, poi la dieta della moglie, inevitabilmente, ricominciava.

Operaio alla Siemens di Milano, il “compagno” Panseri, trovò ad un certo momento, la forza di ribellarsi alla tirannia della moglie.
Decise autonomamente di acquistare un’automobile. Consigliato dai compagni del sindacato, la scelta cadde su una Zaz. Macchina di produzione sovietica, 23 cavalli, velocità massima 80 Km/h, scomoda e lenta, riscaldamento a benzina.
Tanto sgradevole nel design, quanto limitata nelle prestazioni, quell’auto inorgogliva comunque il Carletto. Fiero del suo acquisto, usciva indenne dalle critiche feroci della Teresa, accompagnate, data la speciale occasione, anche da quelle dei figli.

Seguì un ulteriore inasprimento nei rapporti con la famiglia, che portarono il Carletto a stare sempre più spesso fuori di casa.
Stava nella sua macchina, la puliva, la controllava, ogni tanto la portava a fare un giretto per “scaldarla”.
Ci dormì in qualche fredda notte milanese, approfittando del riscaldamento a benzina, trovandovi forse più calore che tra le mura domestiche.
La Teresa morì non ancora sessantenne a causa di un male incurabile che la consumò, ma non tanto da poter evitare l’uso di una bara su misura. Di legno chiaro, simile ad un grande scatolone che, per la forma ed il colore, un po’ ricordava la Zaz del Carletto.

Fine (...) :)
 

RosaeViola

Master Florello
Pur essendo nata un anno dopo Ambapa, mi ritrovo più nella descrizione di Ornella che in quella di Cinzia.

1961. Via Correggio numero 6. Una vecchia casa di ringhiera nel bel quartiere "zona Fiera" di Milano.
Odori inconfondibili che segnavano il passo di chi saliva le scale e il rumore dei miei piedini sull'acciottolato del cortile...lo odiavo sin da allora, per come rendeva instabile il mio passo.
Una bimba riccioluta e con gli occhi scuri come due carboncini luminosi, giocava in quel cortile. Solo ogni tanto il suo gioco, veniva interrotto dalla voce della Tata Nella, una signorina distinta e con molta verve, che abitava al piano terra e che gestiva un negozio di Toelettatura per cani.
Questo donnone alto e con uno chignon bellissimo che mi rubava lo sguardo, con una bella bocca, ben disegnata e con una parlata a metà strada fra il veneziano e il milanese, mi stregava.
Andavo lesta lesta con i miei giochi sottobraccio, nel suo negozio e gli odori degli shampoo per i cani e del pelo bagnato, penetravano nelle mie narici lasciandovi una traccia indelebile.

La vecchia casa aveva la stufa a carbone e ricordo benissimo l'odore della cantina in cui veniva accatastato, dove andavamo a rifornirci con quella sorta di brocchetta apposita.
Uscivo di lì, per mano a mia sorella o ad uno dei miei genitori, con un misto tra eccitazione e paura.

Ricordi frammentari che si affacciano alla mente...Mia sorella...Un suo zoccoletto di legno con una fascetta verde che riportava delle incisioni, caduto in un tombino e mio padre che lo ripesca.
Il mio amico Marco, mio grandissimo primo amore ricambiato...
Una bambola bellissima, grande quanto me, rubata all'improvviso da una mano che rimane ancor oggi sconosciuta.

Poi via da lì, via da una casa angusta per quattro persone e il salto di qualità del lavoro di mio padre, un nuovo futuro, nuove speranze.

Un nuovo quartiere, più periferico ma vivissimo: Niguarda.
Una casa nuova, grande, spaziosa anche se composta solo da due locali con i servizi.
Un giardino enorme, tanto spazio per giocare, tanti bambini...tanti, ma proprio tanti.

Il primo distacco da mia madre...è il 1965, inizia per me la scuola materna. Una bellissima costruzione tutta in legno, circondata da un parco, una scuola sperimentale.
Bello, bellissimo, ma il primo giorno, il distacco da lei, uno strappo inconsolabile.
Tutte le mattine il pullmann viene a prendermi sotto casa. L'odore dei sedili di finta pelle che si mescola all'odore del latte che ancora "ondeggia" nel mio stomaco. Il sapore delle lacrime che si sciolgono in quella ridda di odori e di sentori...

Poi via via, il tempo passa. La tristezza lascia il posto alla spensieratezza.
Ma arriva il momento della scuola.
Primo giorno. Accompagnata da mia madre, percorro quel famigerato chilometro e mezzo a piedi, che mi separa dalla scuola.
Lei porta la mia cartella. Rigorosamente una cartella a mano. Quella con le cinghie per le spalle, è un lusso che non possiamo concederci...mi dice.
La maestra si para davanti a me, dopo l'appello.
La guardo sgomenta. E' già anziana ed ha un volto che non mi ispira certo tenerezza o maternage.
Mi vuole con sè ed io rispondo che voglio la mia mamma.
Ha l'ardire di dirmi che anche lei è la mia mamma...Impossibile, mi dico, mia mamma ha gli occhi dolci e il sorriso che ti inonda di tenerezza. "Tu non sei la mia mamma" le grido, decretando per me, un futuro scolastico molto impervio, dove dovrò lottare non poco per dimostrare che malgrado la condotta, sono una brava scolara.

Comincia così, un quinquennio di strade da fare avanti e indietro, di passi, uno dopo l'altro, con la mia cartella a mano, piccola, sei anni e mezzo e troppa strada da fare in solitaria.
Nessuno mi porta la cartella, nessuno mi accompagna o mi viene a prendere.
Mia madre lavora lo so, ma ogni volta che esco da scuola, mi guardo attorno nella speranza di vederla.
Cinque lunghi anni di ingiustizie, in una classe dove chi non aveva il padre medico o avvocato, faceva una vita dura.
Cinque anni di sberloni, di capocciate contro la lavagna per non aver saputo dire uno, su tutti gli affluenti di destra del Po.
Cinque anni di attese e di speranze, di vedere qualcuno all'uscita di scuola, venirmi incontro sorridente.
 
H

Hobbit

Guest
1959.....
In campagna....nessun cancello, nessuna recinzione, nessun numero civico presente sui muri.....solo in fondo alla Via un nome Via Vignasse.....e è tutto dire....
Campi e campi di vigne, orti curati con amore, infiniti frutteti....qualche serra di vetro.....sulle colline ulivi .....
Tutti amici, parenti....nessun screzio, ma tanti tanti tanti problemi..... le giornate passavano al ritmo incessante del raccogli....pulisci....incarta e sistema nelle cassette....spedisci nei mercati del Nord.....e aspetta!!!! e alla fine quando quei quattro soldini arrivavano erano sempre troppo pochi.....la merce se la vendevano bene, ma la pagavano niente!
E tutti a mettere nella pentola quello che non vendevano, patate, cavoli e finocchi bolliti ....quanti ne ho mangiati!!!! talmente tanti che non sopporto piu' l'odore!
Ma c'erano anche le marmellate di susine e ciliegie, e i frutti che sembrano dimenticati...le nespole, i cachi, le sorbe (come si chiamano i frutti del sorbo?).....e le giuggiole!
La domenica tutti a messa vestiti da festa, e poi si mangiava la carne (unica volta a settimana).....carne di gallina o di coniglio, naturalmente gli animali provenivano dai piccolo allevamenti che ogni famiglia aveva.
Qualcuno aveva anche anatre e oche.
Ricordo tutto molto facilmente.....
la TV da noi è arrivata molto piu' tardi che nelle città....c'era la radio, e si andava ad ascoltare a casa di una zia.....intanto lei offriva il caffè d'orzo e la torta con la marmellata non mancava mai.....
Mia mamma lavava a mano....c'era un trogolo enorme con l'acqua corrente e le donne del rione lavavano li i loro panni.....qualche anno dopo mio papaà le ha comprato prima un trogolo tutto per lei....poi finalmente è arrivata la lavatrice! ma non sapete quanto è stato criticato quest'acquisto....perchè sembrava NON fosse necessario!
 

celeste

Giardinauta Senior
Mi aggrego ai cuccioli degli anni '50 (be' Ornella, a dire il vero io sono una cucciola del dopoguerra, come sospetto anche te dato il tuo nick)

Ornella.48 ha scritto:
A scuola si andava tutti col grembiule (i maschi la blusa) e il fiocco.
A Roma era grembiule bianco per le femmine (che dovevano restare belle pulite) e blu per i maschi. Io quel fiocco non riuscivo proprio a tenerlo a posto. Ho una foto scolastica, in prima o seconda, seduta nel banco di legno con il fiocco tutto sciolto e i calzettoni che calano sulle caviglie

Ornella.48 ha scritto:
C'erano pure le bustine con le figurine degli attori, a me non so perchè (sempre stata un po' s.****ta) capitava sempre la figurina di Alan Ladd, che avevo saputo essere un attore, ma di cui non me ne fregava niente. Il brutto era che non era un attore fra i più gettonati, e quindi non riuscivo mai a fare cambio con nessuno.
Oddio, Ornella, me la ricordo anch'io la figurina di Alan Ladd. Mi sa che ne stampavano un numero esagerato. Anche a me proprio non mi piaceva. Quan'ero più grande, alle medie, a volte non mi compravo la pizza della merenda e compravo una foto di attore in cartoleria. Vere foto: potevi scegliere ma stavano - mi pare - a 30 lire l'una.
Poi sono venuti i primi album di figurine, prima dei Panini del calcio.

Ornella.48 ha scritto:
A scuola e all'oratorio si andava ancora divisi, maschi da una parte e femmine dall'altra. E lo stesso in chiesa per la messa, gli uomini a destra e le donne a sinistra. Obbligatorio il velo, bianco per le ragazze e nero per le donne sposate.
Io non andavo né in chiesa né all'oratorio, ma comunque la scuola pubblica era tutta divisa fra maschi e femmine. La prima classe mista l'ho avuta alle superiori e solo perché ho fatto lo scientifico dove le femmine erano poche.


Ornella.48 ha scritto:
Vacanze .....un paio di volte a Lavagna, dove c'erano dei parenti di mia nonna. Obbligatorio il costumino di lana con la pettorina .....
Noi eravamo una famiglia più "su" e al mare andavamo tutti gli anni. Ma che incubo quel costumino di lana, specie quando non si era asciugato bene dal giorno prima e te lo dovevi rimettere la mattina dopo ancora umido .. brr ..
 
A

ambapa

Guest
RosaeViola ha scritto:
...Un giardino enorme, tanto spazio per giocare, tanti bambini...tanti, ma proprio tanti...

Il primo distacco da mia madre...è il 1965, inizia per me la scuola materna...
Tutte le mattine il pullmann viene a prendermi sotto casa.

arriva il momento della scuola.
Primo giorno. Accompagnata da mia madre, percorro quel famigerato chilometro e mezzo a piedi, che mi separa dalla scuola.

La maestra si para davanti a me, dopo l'appello.
La guardo sgomenta. E' già anziana ed ha un volto che non mi ispira certo tenerezza o maternage.

Cinque lunghi anni di ingiustizie, in una classe dove chi non aveva il padre medico o avvocato, faceva una vita dura.

Fino al '69 ho avuto anch'io la fortuna di avere un grande giardino condominiale in cui giocare, eravamo in tanti. Un complesso residenziale da ricchi in cui NOI eravamo gli intrusi...personale di servizio...o quasi. Tra bambini le classi di appartenenza non avevano molta importanza e giocavamo felici tutti insieme. L'estate fino allo sfinimento...in uno spazio che allora ci sembrava sconfinato quanto il mondo. Però le merende che mi preparava la mamma me le invidiavano tutti...sane e buone cose preparate in casa che le loro tate non avevano tempo e voglia di fare.

La scuola materna, dalle suore, l'ho frequentata per pochi mesi. Alla prima influenza mamma mi ha riportato a casa. Forse lei, sartina-casalinga, si sentiva in colpa ad abbandonarmi in mani estranee. Prima della mia nascita aveva perso un bambino, il mio fratellino-angioletto, di appena due giorni di vita...per cui è sempre stata un pò ansiosa. Alle elementari andavo anch'io in pulmann, la scuola di Ponte Milvio era lontana. Spesso dimenticavo la cartella al ritorno e rivedo ancora mia madre che corre dietro al pulmann facendo gesti disperati all'autista. A scuola andavo bene, la mia maestra, anziana e un pò arcigna, mi lodava spesso...aggiungendo, con GRANDE sensibilità, che il mio rendimento la sorprendeva...visto il grado di cultura dei miei genitori :(. Mi è sempre rimasta antipatica.
Durante il mese di Agosto si tornava al paese dalla nonna e dai cuginetti da cui imparavo il dialetto e un sacco di cose divertenti come portare al pascolo la capretta, scovare le uova nel gallinaio, arrampicarsi sugli alberi per cogliere le ciliegie o i fichi, ecc. ecc.
 
M

Mary74

Guest
ambapa ha scritto:
A scuola andavo bene, la mia maestra, anziana e un pò arcigna, mi lodava spesso...aggiungendo, con GRANDE sensibilità, che il mio rendimento la sorprendeva...visto il grado di cultura dei miei genitori :(. Mi è sempre rimasta antipatica.
.
Che stron.za :squint:

Ho letto i vostri racconti.... :love: belli , i ricordi mettono sempre addosso un misto tra nostalgia e malinconia.
 
A

ambapa

Guest
Mary74 ha scritto:
...Ho letto i vostri racconti.... :love: belli , i ricordi mettono sempre addosso un misto tra nostalgia e malinconia.

E' vero Mary, stiamo ripercorrendo la nostra storia e in questo processo riaffiorano un mare di cose che fanno parte di noi. E' un pò come reincontrarsi e riabbracciarsi dopo tanto tempo, con quel misto di nostalgia e malinconia che dici tu.
 
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