Questo mio breve "racconto" mi sembra possa rispecchiare l'atmosfera di quegli anni, (a cavallo tra anni 60/70) uno spaccato di vita che mi privilegio condividere con Voi
e soprattutto era già scritto
La Zaz
La Teresa Panseri era un donnone di almeno centoventi chili, sempre accaldata e sudata, in stato di continua agitazione, si trascinava pesantemente dentro e fuori casa senza sosta, non conosceva pace. Il Carletto, suo marito, pur essendo di corporatura normale, risultava magro al suo confronto. Pallido, il viso lungo e sfilato che accentuava ancora di più il suo apparire sofferente ed emaciato.
Malinconico lo era di sicuro, la vita con la moglie non doveva essere semplice.
La Teresa, incattivita e logorata da quello che era diventato il suo aspetto fisico, non si mostrava molto affettuosa con il marito, ritenendolo in parte responsabile del suo stato.
La “balena urlante”, inveiva continuamente con il povero Carletto, tanto che nel quartiere era diventata famosa la risposta, sempre la stessa, del Panseri: “Vùsa pian Teresa!” (Urla piano Teresa).
Non ho mai conosciuto una donna tanto grassa, perennemente a dieta, si sottoponeva a mesi e mesi di cura dimagrante. Perdeva ogni volta quei sette, otto chili, che certo non la ripagavano degli sforzi fatti.
La situazione la innervosiva tanto che ad un certo punto, dopo aver sbraitato, e magari strapazzato un po’ il Carletto, si fiondava in cucina, dove, divorando tutto ciò che trovava, recuperava un minimo di buonumore.
Il Carletto poteva considerarsi al sicuro per qualche giorno, poi la dieta della moglie, inevitabilmente, ricominciava.
Operaio alla Siemens di Milano, il “compagno” Panseri, trovò ad un certo momento, la forza di ribellarsi alla tirannia della moglie.
Decise autonomamente di acquistare un’automobile. Consigliato dai compagni del sindacato, la scelta cadde su una Zaz. Macchina di produzione sovietica, 23 cavalli, velocità massima 80 Km/h, scomoda e lenta, riscaldamento a benzina.
Tanto sgradevole nel design, quanto limitata nelle prestazioni, quell’auto inorgogliva comunque il Carletto. Fiero del suo acquisto, usciva indenne dalle critiche feroci della Teresa, accompagnate, data la speciale occasione, anche da quelle dei figli.
Seguì un ulteriore inasprimento nei rapporti con la famiglia, che portarono il Carletto a stare sempre più spesso fuori di casa.
Stava nella sua macchina, la puliva, la controllava, ogni tanto la portava a fare un giretto per “scaldarla”.
Ci dormì in qualche fredda notte milanese, approfittando del riscaldamento a benzina, trovandovi forse più calore che tra le mura domestiche.
La Teresa morì non ancora sessantenne a causa di un male incurabile che la consumò, ma non tanto da poter evitare l’uso di una bara su misura. Di legno chiaro, simile ad un grande scatolone che, per la forma ed il colore, un po’ ricordava la Zaz del Carletto.
Fine (...)