Cosa significa BaragianoSc.?!!!!
Addirittura il petrolio?!!!!


Non lo sapevo proprio!!!
Non a Baragiano nelle vicinanze, pensa che tutta la Lucania ha 300mila abitanti

k07:
Baragiano Scalo.
IL PETROLIO LUCANO
E' di oggi la notizia che la società francese Total sfrutterà un altro giacimento petrolifero, oltrechè molto ricco di gas. Ora aldilà degli accordi tra la nostra regione e la detta società che a molti di noi non sono noti, quello che è certo che la Lucania avrà in termini di ritorno, sicuramente le roialties e lo sfruttamento del gas attraverso la sua società. Tutto questo porterà alla nostra regione molti soldi; soldi che potrebbero risollevare le sorti di una popolazione che continua a migrare, di una gioventu', sia che studia, sia che gli studi li interrompa, che per la maggior parte non resta nel nostro territorio. Facciamo in modo che questi soldi non vadano buttati al vento, in iniziative inutili se non fasulle. Manteniamo alto lo spirito Lucano di Scanzano, non regrediamo. Se noi saremo presenti, se noi incalzeremo le nostre istituzioni, qualcosa di buono potremo farla. Non permettiamo a molte aziende del nord, ed anche a qualche nostra azienda di prendere soldi e di scappare. Non diamogli tregua. Se questo faremo e se lo faremo di comune accordo, con spirito unitario e LUCANO sicuramente sconfiggeremo gli avventurieri. Sicuramente non permetteremo ai Barilla, ai Miroglio, ai Parmalat di fare scempio, di prendere soldi e di scappare. Altrimenti tutto continuerà come è sempre stato e passeremo ancora da popolo che può essere sfruttato. Troppo male ci è stato fatto, troppi danni, morti e miserie ci hanno procurato, non lo permettiamo piu'. Siamo degni di essere Lucani
VAL D'AGRI L'ORO NERO È MADE IN ITALY
Il petrolio sgorga libero in un ruscello alle spalle delle piscine comunali di Tramùtola, paese di 3mila abitanti sulle colline della Val d'Agri. Nella Lucania Saudita c'è la sorgente del greggio, la fontana del petrolio: il sogno di ogni geologo e di ogni Rockefeller.
Fra gli alberi c’è la sorgente e un ruscello di acqua e greggio; a ogni sasso l’acqua iridescente gonfia una schiuma giallastra e tenace. L’erba sulle rive è nera e unta; fra i castagni non c’è profumo di funghi e di terra umida; l’odore è di un distributore di benzina. Un distributore naturale: durante la seconda guerra mondiale i camion Bl assetati del Regio Esercito facevano il pieno direttamente ai 41 pozzi trivellati dal 1934 a Tramutola dall’Agenzia generale italiana petroli. Questo è il Texas nostrano, è l’Arabia dell’Italia. È la val d’Agri, fra Potenza e Metaponto.
Qui si estraggono ogni giorno più di 70mila barili di petrolio da un giacimento di almeno 539 milioni di barili, che sembrano sempre crescere con il migliorare delle tecnologie. Quando saranno finite le nuove trivellazioni, le cui torri punteggiano monte Enoc, Viggiano, Marsico Nuovo e le alture ai margini della vallata, si arriverà sui 100mila barili. Il 6% della domanda italiana di petrolio.
Nella sola giornata di ieri ne erano stati estratti 71.644, pari a un valore ipotetico di 3,7 milioni di dollari. Dollari e petrolio: perfino il bar pizzeria vicino al campo sportivo di Tramutola si chiama «Il petrodollaro».
In val d’Agri il giacimento è dell’Eni in cordata con la Shell. Dai pozzi — poco visibili: una recinzione di rete, qualche tubo lucido, le valvole, la baracca piena di strumentazioni — esce un petrolio fine ed effervescente. Più pregiato del Brent. Via oleodotto, va allo stabilimento di Viggiano, nel fondovalle. A Viggiano, sotto il traliccio della torcia che fiammeggia giorno e notte, è raccolto il metano che conferisce l’effervescenza al greggio; il petrolio depurato va nelle condotte fino alla raffineria Agip di Taranto. E lì quel greggio lucano diventa la benzina e il gasolio che si bruciano nei motori della Puglia.
Poco lontano dalla val d’Agri — verso Corleto e Laurenzana — c’è un altro grande giacimento, quello di Tempa Rossa, con 420mila barili di un petrolio meno pregiato, più pesante. Sta sotto 5-6 chilometri di roccia. Ma è un greggio ricco di metalli che, a Taranto, dopo 2mila barili, manda in crisi i catalizzatori della raffineria. Bisognerà costruire un impianto di trattamento a Corleto e il petrolio sarà distillato in una raffineria meno sensibile di quella di Taranto, come per esempio la Saras dei Moratti.
Quanto vale il greggio pesante di Tempa Rossa? «A barile, 7-10 dollari in meno del Brent», dicono gli ingegneri. Il giacimento di Tempa Rossa è della Total insieme con ExxonMobil e Shell. Non è in produzione, tranne alcune partite sperimentali già estratte che fanno immaginare una produzione futura di 50mila barili al giorno. Non si produce greggio a Tempa Rossa perché manca ancora l’accordo con la Regione Basilicata sulle royalty.
Mercoledì il sottosegretario alle Attività produttive, Giovanni Dell’Elce, ha cercato di mediare con il presidente della Regione, Filippo Bubbico, un accordo per dare alla Total il via libera all’estrazione. La Regione cerca di usare la carta del petrolio per uscire dalla povertà, dalla disoccupazione, dal sottosviluppo, dall’emigrazione che ha trasferito in Germania e in Svizzera gli abitanti dei paesi arroccati sui monti.
Ma il sottosviluppo, in Basilicata e soprattutto in val d’Agri, sembra un luogo comune a confronto con i problemi veri del Mezzogiorno. In questa Svizzera del Mezzogiorno, in questa Lucania Felix, la cultura è profonda e vissuta; il diploma alle superiori non serve solamente per la ricerca di un lavoro e perfino il cineteatro Eden di Villa d’Agri (che proietta film dei festival di Cannes e Venezia) ha per motto «da noi la cultura è di casa». Con il petrolio i lucani non sono diventati sceicchi, ma le strade sono (in genere) pulite, i guidatori indossano (quasi sempre) la cintura di sicurezza, la mafia si vede (quasi soltanto) in televisione.
A chi vanno i soldi di questo petrolio? Una quota — per legge le royalty sono il 7% del valore del greggio estratto — va alla Regione e allo Stato. Il resto va tutto in tasca alla compagnia. Che deve però sostenere costi: per esempio il noleggio di una torre di trivellazione — avverte un ingegnere dell’ExxonMobil — costa 40mila euro al giorno, che lavori o che stia ferma in attesa dell’autorizzazione. L’Eni investe in val d’Agri 1.983 milioni di euro, «di cui 1.347 milioni sono stati già spesi a fine 2003 — osserva la compagnia di San Donato Milanese — e i restanti 636 saranno spesi nei prossimi quattro anni».
L’Italia ha costi di estrazione abbastanza contenuti, 7,2 dollari al barile, contro una media mondiale — secondo le stime di Salvatore D’Andrea, a capo della Total Italia — di 6 dollari. Fra i più bassi d’Europa, rileva lo studio di un altro esperto di petrolio, Giulio Paini. Meno dei costi per i giacimenti in Russia, Angola, Canada o Golfo del Messico.
Nel caso della Basilicata, le royalty vanno tutte alla Regione. Al 30 giugno la Basilicata aveva accreditato diritti per 93,8 milioni, più una piccola quota come spese di compensazione ambientale.
«Non ha senso parlare di compensazione ambientale — sbotta Marco De Biase, presidente della Legambiente Basilicata — quando a Caperrino la Total vuole perforare in una riserva naturale a 1.400 metri di quota. Il 70,3% della regione è sotto concessione petrolifera. Il greggio è un rischio, come quando due anni fa a Grumento un pozzo ha innaffiato due ettari di bosco pregiato».
Ne sa qualcosa il Comune di Laurenzana, che tentenna se entrare nel parco regionale. Da una parte il profumo sottile dello sviluppo sostenibile. Dall’altra, l’odore dei petrodollari: il greggio non olet.
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