...adesso mi sento di dire che una donna può decidere di dedicare in egual misura o in misura prevalente, il suo tempo alla conduzione della famiglia, senza che questo risulti sminuente nei confronti di un'altra scelta come la carriera, e purchè non se ne lamenti...
Nella realtà dei fatti una donna che si dedica SOLO alla famiglia dipende dal marito per la sopravvivenza propria e dei figli, quindi la sua libertà risulta comunque limitata. E' uno scotto che si può accettare, non giudico le donne che fanno questa scelta in alcun modo meno valide delle altre, ma io non mi ci sentirei bene in una situazione così, per quanto sia grande il mio desiderio di dedicare più tempo alla famiglia.
...quindi nn solo nn aspirare al successo nn è una colpa, ma se è la propria coscienziosa scelta va sostenuta sino in fondo...poi se si intende preferire la famiglia alla carriera io nn la trovo affatto una colpa ma di questi periodi una scelta coraggiosa e nobile.
Tutte le scelte sono da rispettare, sono pienamente d'accordo. Inoltre si può anche tentare, a prezzo di non poche fatiche, di conciliare famiglia e lavoro, inteso come mezzo per vivere dignitosamente e conservare l'indipendenza economica. Più difficile invece la conciliazione con "la carriera", intesa come continua escalation e raggiungimento di prestigio, riconoscimento sociale, ecc. Inutile che ce la stiamo qui a menare, per ottenere tali scopi ci vuole determinazione ferrea, scaltrezza, abnegazione totale. E se una non ce l'ha? Se ci si accontenta, se si ritiene prioritario lasciare spazio al proprio mondo interiore, agli affetti, agli interessi che esulano dal lavoro, ci si deve per forza sentir dire che non sei abbastanza ambiziosa, che sei rinuciataria, che non ti sai vendere bene, che non ti va di lottare? Io me lo sento dire, da persone che mi vogliono bene, che pensano sia incapace di sfruttare a fondo le mie potenzialità. Certo mi ribello, rispondo che il successo come lo intendono loro non mi interessa, se per raggiungerlo devo sacrificare il mio modo di essere e di pensare, ma...il dubbio che abbiano ragione mi sfiora, eccome se mi sfiora.
...Penso che la donna debba o almeno possa raggiungere la propria realizzazione personale e professionale nel modo che le è più naturale, cioè con una maggiore empatia verso il prossimo, una maggiore predisposizione a riflettere sulle conseguenze di determinate decisioni o azioni e così via...
La penso anch'io così milla, ma purtroppo con questo sistema certi risultati NON si raggiungono, lo dico per esperienza diretta. Siamo abituate a dare la colpa al modello maschile imperante, ma le donne di successo, in genere, non fanno altro che adeguarsi, non mi sembra che portino niente di innovativo nel senso che dici tu.
....Sarebbe il famoso "modello maschile" (che non è poi detto che vada bene a tutti gli uomini). Abbiamo "rinunciato" del tutto all'idea (alla lotta) per rovesciarlo? O almeno per farlo convivere con altri modelli, nei quali sia più possibile per le donne riconoscersi? Forse sì...
A margine: sulle quote la pensavo anch'io come te, ma ci sto un po' ripensando.
Hai colto esattamente il nocciolo del problema cara celeste. Secondo me sì, ci abbiamo rinunciato. Non siamo state capaci finora di proporre, ma soprattutto di praticare un modello alternativo.
Per quanto riguarda le "quote", capisco che ci si stia ripensando, visti i risultati sempre deludenti delle presenze femminili.
Ma sai che noto io con amarezza? Che alla fine dei giochi le donne che sfruttano furbescamente le quote, spesso e volentieri, mi rappresentano ancora meno dei maschi e finisco pure per non votarle, guarda un pò! E ancora...la vogliamo finire di occuparci sempre e solo di "questioni femminili", "pari opportunità", assistenza, solidarietà, ecc. ecc. ecchedupalle!
Basta co' s'ta storia delledonne-perledonne-conledonne!
Voglio una donna ministro degli esteri, dell'economia, delle finanze, del lavoro...ma che sia brava, non che sia messa lì tanto per far vetrina!