“Presidente, aveva già deciso a gennaio”
I retroscena del colloquio dell’addio
di Andrea Saronni
Molti giornalisti, in agguato sul portone di Via Serbelloni, si erano sorpresi di vederlo arrivare sorridente, tranquillo. Per forza: l’invito era arrivato in forma cordiale.”Mancini, allora, venga da me a Milano, facciamo due chiacchiere”: la chiamata di convocazione di Moratti che ha raggiunto il tecnico a Jesi era stata su questi toni.
Una volta varcata la porta, però, sono bastati due minuti perchè i sorrisi si tramutino in stupore, nervi, rabbia, imbarazzo. Comincia il Mancio: “Allora, presidente, andiamo avanti insieme?”. La risposta è un montante alla mascella: “Mancini, mi spiace tanto, la devo mandare via”. Mancini è già all’angolo, ma i riflessi sono pronti: “Perchè deve? Deve o vuole?”, risponde. Il presidente, a questo punto, è costretto a imbarazzate spiegazioni: parla di spogliatoio spaccato, di situazione precipitata, di sondaggio tra i giocatori che l’avrebbe visto uscire perdente. La responsabilità della sentenza, insomma, scaricata anche sulla squadra.
L’ira di Mancini monta e il tecnico, a questo punto, non esita a girare i tacchi verso l’uscita. “Bene, allora me ne vado”, sibila e al tentativo di Moratti di fermarlo, di proseguire il colloquio, il mister si arrabbia sul serio: “Non sono più un suo dipendente, me ne vado quando voglio. E comunque già a gennaio aveva deciso di mandarmi via, è da tre mesi che mi dice bugie. Io non ne ho mai dette”. Il presidente interista, pur in una situazione ipertesa, tocca l’altro argomento all’ordine del giorno: la risoluzione del rapporto, la buonuscita da concordare per Mancio e per il suo staff. La proposta di Moratti è di una cifra pari a un anno e mezzo di contratto. Parole sbagliate nel momento sbagliato: “Non le faccio nemmeno un euro di sconto. Mi darà tutto quello che mi deve dare”. E’ la dichiarazione di guerra che precede il congedo, gelido e assai lontano dallo standard: “Lasciamoci e rimaniamo amici”.
Mancini, adesso, è ancora nella sua abitazione milanese e fonti del suo entourage parlano di una persona “atterrita, distrutta”. Forse penserà alla telefonata delle “due chiacchiere”, forse a una chiamata ricevuta solo il giorno precedente da Branca che voleva confrontarsi con lui sulle scelte di mercato da effettuare in merito agli esterni di centrocampo. A mente fredda, il tecnico dovrà valutare se davvero mettere tutto in mano ai legali e ottenere dall’Inter gran parte dei 24 milioni che, per contratto, gli sarebbero spettati fino alla scadenza naturale del 2012. All’Inter sanno bene che il rischio esiste: e, in caso di dichiarazione di guerra, puntano molto sulla sparata di Mancini seguita all’eliminazione col Liverpool, parole che, secondo il club, sono equivalenti a una volontà precisa di lasciare. L’altra tattica morattiana è quella, a bocce ferme, di un accordo privato che prevede una ricca buonuscita (si parla di 8-9 milioni di euro) in cambio, oltre che della pax legale, di una dichiarazione pubblica da parte di Mancini che parli di “scelta condivisa”. Un obiettivo che, al momento, appare per l’Inter ancora più irraggiungibile della Champions League.